domenica 7 dicembre 2014

Bolzano, un nuovo capitolo di vita, lavoro...e beh il resto viene da sè

La vita è fatta di sogni da realizzare, obiettivi da raggiungere. Ne avevo uno, grande: vivere vicino alla mie montagne, respirare Alpinismo nel mio quotidiano, pur potendo realizzare i miei obiettivi professionali come progettista e Designer. Un sogno in particolare occupava i miei pensieri e mi rubava le energie da diverso tempo a questa parte: Bolzano, l'Alto Adige. Dopo quasi 5 anni di Germania e un anno e mezzo di tentativi: l'occasione. Rientro in Italia e mi trasferisco in quella città alle porte delle Dolomiti che tanto ho sognato, come un chiodo fisso. Mi attende una bellissima possibilità lavorativa, stimolante e varia che inizierà subito, proprio tra una settimana. E avrò il privilegio di poter vivere qui, tra le mie montagne.
L'Alpe di Siusi, la Val Gardena sono dietro l'angolo: sono i posti dove ho imparato prima a stare in piedi, poi a muovere i primi passi quando ero bambino. Ma in realtà ormai sento quasi tutta questa bellissima regione come casa mia: il passo di Resia e la Val Venosta, Solda con l'Ortles e il Gran Zebrù, la Palla Bianca, Merano, la Val Pusteria, le Dolomiti di Sesto, la Val Badia, Bolzano, Brunico, la Val Aurina, Dobbiaco e San Candido e potrei continuare. Sono i posti dove vivo più volentieri la mia grande passione per la montagna. Come tutto si evolverà dipenderà da me, certo: ma un primo passo è fatto e ne sono veramente felice.
Lascio un paese che mi ha dato tanto: dove ho potuto crescere professionalmente, dove mi sono anche formato alpinisticamente, qui sulla "Schwaebische Alb", ho iniziato ad arrampicare (ricordo ancora la mia prima falesia nell' Uracher Alb, il Wiesfels), lascio un'esperienza di vita che mi ha fatto crescere, maturare, cambiare: ricordo ancora quando dall'aeroporto di Venezia quel 28 Aprile 2010, prendevo il mio aereo Easyjet per Berlino, solo con una valigia e uno zaino, con tante domande ma tanta determinazione e un pizzico di follia, niente di più: nessun contatto, nessuna certezza, un paese nuovo, poca esperienza lavorativa specifica, fresco di studi, una nuova lingua. Solo il sogno e la promessa di dimostrare a me stesso che sarei riuscito a realizzarmi e che avrei intrapreso un percorso. E come da Berlino, sia arrivato a Stoccarda e da qui passo dopo passo abbia gettato le basi per il mio futuro.
Vivo ora questo momento di cambiamento: mi sembra quasi di poter comprimere gli ultimi 5 anni in una pillola. Quel giorno all'aeroporto di Venezia mi sembra fosse ieri. Eppure quante cose ho vissuto, quanti paesi ho visto, quanti viaggi ho fatto: il Sud America, la Turchia, la Cina e l'Europa. Quanti km ho macinato la sera, dopo lavoro, la notte verso Sud, verso le Alpi, cercando un posto dove dormire, coricandomi sui sedili della "mia" mitica Opel Astra rossa fiammante del Car Sharing o d'estate sotto le stelle...per quell'insanabile passione: la roccia e la neve, quante arrampicate, quante discese, quante cime. Quante cose ho conosciuto ed imparato, quante persone ho incontrato.
Arrivo nel posto dove volevo, tra le mie montagne e (ci tengo a sottolinearlo): vicino al mio amatissimo Friuli. La mia regione, che amo e che ho potuto vivere poco. Trasferito a Milano appena diciannovenne, quando si inizia veramente a potersi guardare intorno e salvo una breve parentesi, in giro per il mondo. Cosa sarà del mio futuro non lo so e voglio pensare abbia ancora tante sorprese, non ho intenzione di "sedermi", nè sentirmi arrivato: la vita è piena di possibilità e non voglio escluderne nessuna. Ma sono contentissimo di essermi riavvicinato e voglio poter godere almeno per un pò di questo privilegio. Finalmente potrò anche tornare a frequentare più spesso le Alpi Giulie che tanto ho dovuto trascurare perchè irraggiungibili per il solo fine settimana. Spero di poter raccontare di tante vie, di Kugy, Comici, Piussi e dei nostri alpinisti.
Si apre un nuovo capitolo: un bellissimo regalo di Natale. Ringrazio Dio per tutto questo e spero di poter scrivere presto di nuove avventure alpinistiche della mitica e ineguagliabile cordata Beltrame/Della Rosa e volentieri di chi altri incontrerò...Lassù, lungo le vie del cielo.

venerdì 28 novembre 2014

Marmolada, Punta Rocca - Scialpinismo

Il 17 Giugno 2014, concludevo con Andrea la stagione di Scialpinismo con la discesa della mitica parete Nord della Marmolada: era l'ultima volta che ho indossato gli sci prima della pausa estiva...il 23 Novembre 2014 senza averlo programmato, la prima sciata della nuova stagione ci ritroviamo di nuovo in Marmolada! Anche questa volta, condizioni spettacolari, tantissima gente, ma poco ci importa: quello che conta è stare finalmente di nuovo sugli sci.... No, non sono venuto in Italia solo per questo...questa volta c'era altro in ballo, ma bando alle ciance! Perchè non cogliere l'occasione già che sono in zona? Tra l'altro è una doppia occasione in quanto prima sciata, della stagione e sui miei nuovi Ski Trab! Comperare materiale a fine stagione ha un gran vantaggio e un altrettanto grande svantaggio: prezzi dimezzati e...rischio di lunga attesa per poterli usare! Sci praticamente vergini, ci avevo sciato una volta sola sul Canin, poi è arrivata l'estate! Con noi c'è un'amica di Andrea, Rossella, alla sua prima scialpinistica: cominciare con la Marmolada in effetti è da questo punto di vista una gita di tutto rispetto! Partiamo da Udine alle 07.30 del mattino: che ci faccio a Udine? Sono arrivato la sera prima da Bolzano, la mia più corta permanenza in occasione di un rientro: praticamente cena e notte!
Saliamo al Feldaia percorrendo la bellissima Val Cellina, passando per Erto, quindi il Vajont che mette sempre addosso tristezza e sgomento per quello che è successo, dove la frana dal monte Toc sembra caduta ieri tanto bene è visibile il bordo del distacco, scendiamo a Longarone e ci dirigiamo verso Zoldo: dopo un pò spunta il Pelmo, la Civetta è anche davanti a noi sul suo lato tranquillo, quello per altro sciabile! Mentre è il Pelmo il vero protagonista: un blocco compatto con pareti gialle e verticali, una vera e propria fortezza della natura! Fantastico. Scendiamo nell'agordino e seguiamo le indicazioni per la Marmolada e il passo Feldaia. Al nostro arrivo una cosa è subito chiara: oggi non saremo soli! Questo già lo sapevamo in quando oggi qui soo previsti gli "Sci Test" ma un affollamento del genere ha un pò dell'incredibile comunque. Dopo aver trovato il modo di parcheggiare, prendiamo i bidoni che ci portano al Pian dei Fiacconi, quindi sci e pelli ai piedi iniziamo a salire verso punta rocca.
Tante le persone che già stanno scendendo: sentiamo grida di gioia di quelli che si stanno già godendo la discesa, io non sto più nella pelle che tocchi anche a noi! Risaliamo per pendii a tratti un pò più ripidi a tratti blandi, ma non è una gita impegnativa: ce la godiamo, ce la si racconta, ci sentiamo a casa tra queste montagne e ripercorriamo tutte le avventure degli ultimi anni. In ogni direzione ci giriamo c'è un canalone o un pendio o una parete che conosciamo già e che abbiamo già fatto. Naturalmente iniziamo a fare piani per il prossimo inverno!
Con calma arriviamo in cima a Punta Rocca dove un bellissimo sole ci abbraccia: è uan giornata tersa, non tira un filo di vento, si sta benissimo! Dopo le dovute foto di rito arriva il momento del divertimento vero e proprio. La discesa non presenta nessuna difficoltà, purtroppo era "arata" un pò quasi dappertutto! I tratti già percorsi ovviamente avevano una neve più compatta, ma abbiamo sempre avuto il modo di trovare qualche lingua vergine di "farina"...e scendere con i miei nuovi sci è stata una goduria! Arriviamo al Feldaia: tra una cosa e l'altra sono già le 15.00 però la birra è d'obbligo e qualcosa da mangiare pure! Io dovrò affrontare il mio ultimo viaggio verso Stoccarda...tra poche settimane, prima di Natale si cambia vita! Questa giornata e il WE in generale rimangono pertanto cariche di significato!

lunedì 20 ottobre 2014

Schlitzfels - Sul Giura ad spaccare legna ed arrampicare

Metà Ottobre, c'è il classico e immancabile appuntamento con gli altri della Sezione dell' Alpen Verein, la "Saison Abschluss", ovvero festa di fine stagione. Il luogo per questo appuntamento è l'Albhaus, ovvero il Rifugio che la Sezione Stuttgart ha sulle "montagne" di casa, la Schwaebische Alb, tradotto in italiano il Giura Svevo: dolci colline di fitta boscaglia (Faggi soprattutto) dalle vallate strette e impervie e dagli altipiani dolci. Questo è il luogo ideale per fuggire dalla città, in soli 30 minuti di macchina: le passeggiate non si contano, i single track in mountain bike nemmeno...e ovviamente pullula di falesie alcune con vie a più tiri, su un calcare molto compatto, spesso dalle forme arrotondate, spesso povero di prese, dove saper stare sugli appoggi gioca un ruolo determinante e dove la maggior parte delle falesie ha ben poco da offrire sotto il 6° grado!
Ma sto divagando: questa volta viene prima il lavoro del divertimento (beh in realtà questo tipo di "lavoro" è in queste situazioni un vero e proprio divertimento!). Il programma prevede: nel Sabato spaccare la legna per l'inverno, si inizia alle 9.00 e si finisce quando il magazzino è pieno, il tutto con spuntino, bevande e pranzo messo a disposizione dalla Sezione. Finito il dovere la giornata continua con caffè e torte di vario tipo, qualcuno si spilla una birretta, ci si può godere (almeno negli ultimi anni e anche quest'anno non ha fatto eccezione per nostra fortuna) un bellissimo sole con i colori dell'autunno, specie se dalla terrazza del Rifugio ci si porta alla vicinissima falesia da cui la vista si apre sulla vallata sottostante in un gioco di luci e colori da sogno. La serata continua con la "Sauerkraut Fest" accompagnata dalla "Schlachtplatte" (un misto di maiale bollito tra cui salsiccia di fegato e di sangue, pancia, spalla e altri tagli)...di solito dopo le 23.00, Franz il cuoco della sezione inizia a portare fuori anche il piatto più tipico dell'autunno svevo, la "Zwiebelnkuchen", una sorta di Kisch alle cipolle con Kuemmel e a volte speck. Ovviamente, nonostante il duro lavoro con accette, cunei e martelli, i giovani della sezione si portano dietro l'occorrente per andare ad arrampicare nella domenica, nella speranza che le braccia non dicano "NO" troppo presto. L'anno scorso effettivamente avevamo fatto un tentativo già nel sabato a lavoro finito nella falesia adiacente il Rifugio...ma per quanto mi riguarda era stato un tentativo molto poco soddisfacente. Quest'anno per non ripetere lo stesso errore mi sono ben guardato dall'avvicinarmi alla roccia per il pomeriggio! Durante la piacevole serata tra una chiacchera e l'altra iniziamo a buttare giù le idee per la domenica: si va ad arrampicare! Ralf se ne esce dicendo Schlitzfels nella zona di Bad Urach, io quella falesia non la conosco, prendo la topografia e vedo parecchie vie proprio dure e ben poche sul 5° grado. Non che mi voglia tirare indietro ma con il timore di dolori a mani e avambraccia sono un pò perplesso all'idea di arrampicare da primo su gradi impegnativi. Più che altro perchè sul Giura non c'è quella chiodatura abbondante da palestra di roccia! Comunque l'idea mi sta bene, ho proprio voglia di muovermi un pò e arrampicare. Vado a dormire rinunciando alla mia porzione di Zwiebelnkuchen visto che reputo di aver mangiato già abbastanza! Mi corico e in pochi istanti mi prende un sonno profondo. Dormo profondamente contento della bella giornata trascorsa. Mattina sveglia, colazione e ci si mette in marcia, o meglio si caricano le macchine e si parte! Siamo in 6: io, Petra (che devo ringraziare per le foto! Finalmente ne ho pure qualcuna carina dove arrampico), Ralf, Jochen&Inga e Gerhard. Parcheggiamo e con pochi minuti di avvicinamento siamo alla falesia. Ci dirigiamo nel suo settore destro dove ci sono le vie più facili. Io ho più di qualche dolorino dovuto al ripetuto martellare e ai colpi di accetta, specie la mano sinistra con la quale mi riesce difficile stringere con forza. Ma ho intenzione di stringere i denti e buttare sù qualche via comunque.
Parto il per il tiro della sveglia, non lungo e protetto adeguatamente e di 5° grado. Si parte su una paretina dove inizialmente c'è molto poco per i piedi, il tiro poi si appoggia per qualche metro e poi si deve risalire una gran bella fessura leggermente strapiombante. Subito mi devo riabituare al calcare del Giura..non è come in Dolomiti. Mi riesce difficile da descrivere ma il tipo di roccia crea una struttura molto diversa da quella alpina e nello specifico dolomitica e non è per niente banale. I piedi sovente devono stare su appoggi minuscoli, come piccole "rughette". Prendo un paio di respiri dopo i primi movimenti un pò delicati dove un piede al primo tentativo non è rimasto fermo dove volevo. risalgo la paretina appoggiata su rocce facili, rinvio e attacco la fessura, molto bella veramente. La supero senza problemi, rinvio e sono in un battibaleno in cima.
La seconda via è appena poco più a destra, è una fessura di 4° grado interamente da proteggere, non c'è manco un chiodo. La fessura però permette di proteggersi benissimo con sistemi mobili, pur essendo di grado basso, trovo la fessura per niente banale, forse più delicata del tiro precetente. Comunque senza problemi la porto a casa. Il mio tiro successivo è un camino/fessura di 5° inferiore, un tiro molto più lungo che risale una fessura abbastanza ampia da poter incastrare il proprio corpo, la roccia liscissima e priva di appigli rende l'arrampicata un gioco di opposizione e attriti che di solito mi riesce molto bene. La supero senza difficoltà pur iniziando a lamentare un pò di stanchezza alle braccia...la mia povera mano sinistra in particolare sembra volermi dire "basta". L'ultimo tiro è un 4° superiore anch'esso piuttosto corto e un pò sporco di verdi, decisamente meno bello delle altre vie...arrivato in cima mi reputo soddisfatto della giornata: per oggi può bastare, alla fine anche gli altri pur dichiarando più o meno apertamente di voler arrampicare ancora un pò, alla fine sono sopraffatti dalla stanchezza e finiamo per sederci e conversare piacevolmente godendoci la luce autunnale che arriva fino a noi tra gli alberi. Mi sono comunque sentito abbastanza in forma per affrontare il WE prossimo forse l'ultima gita su roccia dolomitica...vedremo come si metterà il meteo e se Andrea avrà tempo...ma mi piacerebbe fare ancora un paio di vie vere. Poi prima di Natale chissà se riuscirà il progetto "Mystica"....e poi via con lo sci! Ma queste come spero tante altre, sono altre storie che vanno ancora scritte...

lunedì 6 ottobre 2014

Un Week End di lavoro in Lechtal, con gita sulla Wetterspitze, 2895m - (Simmshuette)

Devo averlo già scritto da qualche parte in passato: la montagna non è solo arrampicare, scalare vette sempre più alte o impegnative e sciare pendii ripidi...la montagna è fatta di persone, perchè ognuno che a suo modo ne è stato rapito ha il suo modo di viverla. Questa volta racconto di un bel WE passato nelle Alpi della Lechtal in Tirolo, dove la Sezione dell'Alpenverein Stuttgart possiede un rifugio: la Frederich Simms Huette. Questa volta non ci sono pareti, diedri, fessure, ma c'è il lavoro! Lavoro necessario per mettere in sicurezza il rifugio e i sentieri di accesso per l'inverno, perchè le persone possano godere della montagna durante l'estate. Mi offro volontario insieme ad altri siamo in 12 in tutto: a parte le tradizionali feste di chiusura stagione sul Giura presso la Albhaus dove mi sono prodigato negli anni a spaccare la legna, è la prima volta che dò la mia disponibilità per questo e non sarà sicuramente l'ultima.
Ma andiamo con ordine: Venerdì 3 Ottobre è la festa dell'unificazione tedesca, non si va a lavoro, parto con la prima S-Bahn alle 5.30 di mattina in direzione Esslingen dove trovo Jan con cui viaggerò fino a Kempten, dove Markus ci raccoglierà e porterà in Lechtal nei pressi dell'abitato di Stockach. Giunti al parcheggio troviamo Norbert e la sua compagna Bettina, loro salgono in moto fino ala funicolare per il carico dei materiali, noi a piedi. Lasciamo la macchina a 1030m e ci incamminiamo verso il rifugio situato a 2004m in fondo alla valle. I cartelli danno 3 ore, io dopo aver fatto un pezzo con Jan e Markus decido di testare le gambe e parto via veloce, sarò sù in 1 ora e mezza. Quando gli altri arrivano, mangiamo qualcosa insieme e decidiamo di salire sulla Wetterspitze, la montagna di "casa" per il rifugio. La vettà è posta a 2895m, quindi quasi altri 900m sono da percorrere. Alpinisticamente niente, traccia prima su verdi, poi su un ghiaione fino ad una sella, quindi verso Sud lungo la comoda cresta Nord, sempre lungo una semplice traccia, quindi l'ultimo salto su roccette e qualche passaggio di arrampicata veramente elementare, sull'unico punto un pò più delicato, una placca un pò esposta c'è addirittura un cavo metallico. In 1 ora e 50 siamo in cima contro le 2,5h che danno i cartelli, anche gli altri due miei compagni sono in buona forma. La giornata è spettacolare, solo qualche nuvola innoqua copre di quando in quando un caldo sole: intorno a noi le bellissime Alpi della Lechtal: ripide, frastagliate, ricche di pendii erbosi e di sfasciumi molto ripidi ma soprattutto selvagge, non una traccia di civilizzazione, niente strade, costruzioni, piste da sci, anche di sentieri da lassù se ne vedono ben pochi.
Dopo una piccola meritata pausa in cima scendiamo, io lo faccio a modo mio, come d'abitudine quando vado in montagna con Andrea: correndo. In 35 minuti sono rientrato al rifugio. Non posso lamentarmi della mia condizione anche se non sono del tutto soddisfatto. Gli altri arrivano con una buona mezz'ora di ritardo. Nel frattempo notiamo sul sentiero più in basso altre persone arrivare e con il cannocchiale e riconosciamo altri membri della Sezione che ci aiuteranno nei due giorni successivi. Ceniamo nel locale invernale perchè il rifugio è pieno e nella stube non è proprio possibile recuperare un pò di posto. Norbert il responsabile del gruppo snocciola il suo piano di battaglia, ci sono diversi lavori da fare: il pavimento della cantina deve essere cementato, ci sono da marcare i sentieri per la Wetterspitze e la Feuerspitze, da recuperare i cartelli, c'è da ripulire il locale del compostaggio, dove finisco TUTTI i rifiuti organici umani, c'è da smontare la conduttura dell'acqua dalla fonte, le code fisse poste nell'ultimo tratto della traccia che porta al Falmedonjoch vanno rimosse, Domenica quando tutti gli ospiti saranno andati via il resto cioè tutte le piccole cose che ci si può immaginare per una chiusura (tirare dentro tutto quando, sbarrare porte e finestre, pulire tutto). Sabato mattina, tempo splendido, facciamo colazione, mentre molti ospiti preparano gli zaini per la gita o per il rientro in valle, io ho il compito di scendere all'attacco della funicolare che serve il rifugio per il trasporto dei materiali e caricare il cassone con la sabbia che servirà per cementare il pavimento della cantina: sono 300m di dislivello, scendo e carico più di 600kg di sabbia in 3 turni, scarico inoltre rifiuti e altro materiale che mi viene spedito dall'alto ogniqualvolta il cassone viene mandato giù. Verso le 11.30 ho finito, rientro e aiuto gli altri con altri compiti, c'è da spaccare la legna per il locale invernale e da rifare il rivestimento in catrame di una parte del tetto del locale della funicolare. Pranziamo e riprendiamo con i compiti successivi, a me "tocca" (o meglio me lo sono scelto) la salita al Falmedonjoch per rimuovere le corde fisse, quindi dal Rifugio insieme a Norbert, Markus e Klaus, scendo 300m fino all'attacco del nuovo sentiero per il Falmedonjoch, da quel punto si risale prima per prati, poi per ghiaioni, quindi il terreno si fa via via più ripido e infido. Rimuoviamo le corde, muovendoci con attenzione perchè siamo slegati quindi scendiamo e facciamo rientro al Rifugio, oggi sono 1200m di discesa e 1200 in salita e un bel Work Out per le braccia.
Siamo abbastanza cotti ma in vena di festeggiare, quindi non risparmiamo con il vino rosso, gentilmente offerto dalla Sezione in cambio della nostra disponibilità. Charlie e Andi i nostri rifugisti, come la sera precedente raccolgono tutti gli ospiti dopo cena nella Stube e lì suonano alternando improbabili melodie a poesie: tutto è molto divertente e familiare, ci si sente veramente a casa. Ci perdiamo nelle chiacchere e quando ci dirigiamo alle brande è ormai l'una di notte. La domenica ci dà il buongiorno con la pioggia, fortunatamente subito dopo colazione il tempo migliora, non piove più e le nuvole sembrano iniziare a diradarsi. Oggi l'ultimo compito rognoso è quello di staccare la conduttura dell'acqua, che non è esattamente come chiudere un rubinetto a casa: bisogno dal rifugio risalire qualche centinaio di metri un pendio di erba e sfasciumi a tratti molto ripido anche se non pericoloso per raggiungere la fonte, seguendo il tubo di PCV che collega quest'ultima al rifugio: il tubo in un certo punto ha un giunto, dal giunto in giù si porta il tubo contro la parete di roccia al margine del pendio e lo si fissa, dal giunto in sù si deve riavvolgere verso la fonte, sono un 150m buoni di tubo da 30mm da tirare sù a mano. Fatto anche questo rimangono le piccole cose: tantissime in realtà ma decisamente meno impegnative. Pranziamo che sono le 15.00, quindi piano piano ci dirigiamo nuovamente a valle, raggiungiamo la Sulzalm dove una pausa caffè è d'obbligo e dove viene servita la Kaiserschmarn più gigante che abbia mai visto (non la più buona, ma che può sfamare 3 persone). Quindi di nuovo di corsa per smaltire gli eccessi fino al parcheggio. Quindi con i soliti problemi sull'autostrada (traffico) di nuovo a casa.

lunedì 1 settembre 2014

Torre Wundt, Via Valleferro (V) - Cadini di Misurina

La mattina seguente siamo d'accordo con Maurizio e Giorgio di andare a fare qualcosa in Dolomiti nel gruppo dei Cadini di Misurina...quale via esattamente non lo sappiamo ancora, lo decideremo strada facendo. La scelta dei Cadini è dovuta al fatto che a metà Settembre Andrea e Maurizio avranno un modulo dell'esame di istruttore regionale di Scialpinismo qui, ovviamente è un modulo di roccia. Si snocciolano le proposte durante il piacevole viaggio, con ben due pause caffè. Arriviamo ad Auronzo e le Tre Cime ci danno il buongiorno: passare di qua ogni volta mi emoziona, non mi stancherei veramente mai. Ci dirigiamo verso Misurina quando ormai le idee hanno preso corpo: Torre Wunt si dice, Spigolo Sud Ovest, via Valleferro.
Si tratta di una via relativamente breve sulle 3 ore per poco più di 200m di sviluppo, a con i primi due tiri impegnativi, esposti e pressochè interamente da proteggere, le soste invece sono su solidi anelli cementati. Lasciamo la macchina al parcheggio sotto il Rifugio Savio e partiamo per l'avvicinamento. Dopo un'oretta o forse meno siamo all'attacco, una cordata tedesca sosta al secondo tiro mentre noi ci prepariamo, una seconda cordata si appresta ad attaccare la via alla nostra sinistra su una profonda fessura. Io scalerò con Andrea, Maurizio e Giorgio costituiscono la seconda cordata...subito si pone il problema, chi parte? Ovviamente gli altri ci danno la precedenza, ora tra me e Andrea decidiamo chi attaccherà il primo tiro che è anche quello chiave. Io per rifarmi dall'errore sul Campanile decido che avrei fatto il primo tiro, Andrea è d'accordo. Il primo tiro risale una fessura a tratti strapiombante che impone un'arrampicata volta al risparmio di forze che serviranno per il tratto successivo: lascio un dado e un cordino su spuntone superando questo primo tratto di 4/4+ senza problemi...è comunque una bella ed efficace "sveglia", parto per il secondo tratto, mi dirigo verso in chiodo con cordino rosso posto sotto un leggero e appigliato strapiombo. Questo è il tratto di 5°: rinvio ma non sono sicuro si debba risalire lo strapiombo, la relazione dava una placca: la placca è poco più a sinistra. Ovviamente era giusto arrampicare la paretina strapiombante ma ben ammanigliata. Niente, mi muovo un paio di metri verso sinistra e provo a salire, ho solo una buona presa laterale per la mano sinistra, i piedi stanno uno in aderenza, l'altro su un piccolissimo scalino, la mano destra cerca qualcosa che non c'è...penso: beh forse non è di qua, è vero che è 5° grado ma di solito sul 5° grado gli appigli prima o poi li trovi, qui invece non c'è nulla. Torno sui miei passi, dove posso stare sugli appoggi in maniera abbastanza comoda e tasto le maniglie dello strapiombo: è vero sono buone, ma non mi piace arrampicare su strapiombo a meno che non sia un diedro o un camino, detesto l'arrampicata di forza. Chiedo ad Andrea di tendere la corda perchè voglio fare una pausa e riflettere: carico leggermente il chiodo che è piantato solo per metà e mi rendo conto che su quel chiodo non è una buona idea cadere, dubito mi terrebbe. Riprendo ad arrampicare e ovviamente mi riporto sulla placca verticale a sinistra. Questo tiro in questo punto mi ha tremendamente ricordato una via che avevo salito sul Giura Svevo presso il Wiesfels, una fessura di 6° grado, solo che quella l'avevo fatta da secondo: il punto chiave era, riuscire a piantare i piedi sfruttando la più piccola asperità per alzarzi e guadagnare una possibilità di presa: c'era una pinza ma era ancora troppo alta. Tenendo saldamente la mano sinistra sull'appiglio buono, porto i miei piedi poco a poco più in alto finchè la stessa presa diventa inservibile, poi noto una taglio diagonale che presuppongo poter caricare con entrambe le mani lateralmente da sinistra a destra, facendo forza con i piedi sulla parete per stare in equilibrio, così faccio e in questo modo alzo ancora di più i piedi. Ora sono al punto di non ritorno, sono in equilibrio solo perchè il mio corpo è completamente in tensione per mantenere la presa, riabbassarmi è impossibile, posso solo cercare di arrivare alla pinza. Penso alle protezioni messe: il chiodo non è buono, uno spuntone decente c'è e un dado pure, ma mi sentirei veramente tranquillo solo su chiodi decenti o spit. Prendo due respiri profondi, sono decisamente teso ma determinato ad uscirne senza ruzzoloni che a questo punto sono anche piuttosto rischiosi: afferro la pinza con la mano sinistra, tiene, ora la destra è libera di cercare qualcosa, vado verso destra con la mano e trovo una splendida lama rovescia. In quel momento capisco di aver risolto il tiro: sono ancora molto esposto ma perfettamente stabile e con facilità porto i piedi su una bella tacca orizzontale dove ci stanno solo le punte ma quanto basta per stare in piedi in tutta tranquillità, la parete si appoggia un pò cosicchè adagio il mio corpo su di essa e tiro un pò il fiato: è mia intenzione proteggere questa uscita anche per altre cordate, vado alla ricerca di un chiodo, ne prendo uno corto CAMP Universale e lo batto con decisione. Non è un gran chiodo, lo ammetto, ma dovrebbe bastare a garantire una pausa rilassante ad altri ripetitori del tiro tradizionale, rinvio. Da qui in realtà il tiro diventa facile, siamo sotto delle fasce strapiombanti gialle che vanno attraversate in diagonale verso destra a salire, c'è un altro chiodo con anello in realtà prima del traverso vero e proprio, poi nel traverso una bella clessidra e in uscita dal traverso una bella fessurona per un Friend grandino (quello Blu Black Diamond va bene). Si aggirano delle lame o s risale la parete a sinistra di queste in quanto offre roccia migliore, si dovrebbe sostare su anello resinato, sulla sua destra c'è però un'altra nicchia con due chiodi e un cordino bianco dove è anche possibile sostare, recupero Andrea e subito dopo partono Giorgio e Maurizio. Tutti risalgono lo strapiombo appigliato e tutti passati di lì e visto dove son passato io convengono che il mio non era assolutamente un 5- della relazione, c'è chi dice 5+ io mi sentirei di dargli anche il 6- (sulla base della mia esperienza personale che non è molto, so solo che la domenica prima avevo salito un 5b+ a vista e per metà sotto la pioggia senza batter ciglio).
Ricevo i complimenti di tutti: Andrea è molto fiero del mio tiro, Maurizio pure, lo ripeteranno a più riprese durante la giornata, Giorgio è quello meno espansivo. Io sono contentissimo della prestazione. Il secondo tiro lo affronto da secondo ed è una vera e propria goduria anche se ammetto che per il primo di cordata non è sicuramente un tiro banale: sono più di 30m verticali, senza protezioni, bisogna proteggerli completamente da soli sulla parete che è sempre ben appigliata e di roccia ottima ma che non molla un istante. Dal terzo tiro le difficoltà diventano disomogenee e generalmente più basse, soprattutto 3+, con singoli passaggi di 4-/4, poi un tratto di 1° e 2° e varie possibilità di uscita in cima.
Dalla cima il panorama è un altro bellissimo regalo della natura, le tre cime, la cima 11 e la Croda dei Toni, le 9 punte di Dobbiaco, i Cadini, il Nuvolau, l'Averau, le 5 Torri, il Cristallo (che io in un primo momento ho stupidamente confuso con le Tofane), la Croda Rossa d'Ampezzo. Dalla cima ci portiamo verso Nord vero la prima calata che si raggiunge abbassandosi di qualche metro (passaggi di 2°), da qui con 3 doppie piuttosto corte si raggiunge una parete appoggiata dove per facili roccette si riguadagna l'attacco della via. Rientriamo al parcheggio e concludiamo la giornata con una birretta accompagnata da un bel tagliere di salumi e formaggi. Io poi una volta a Udine, prenderò la macchina andrò a Latisana per salutare Marco e Monica, ma proprio toccata e fuga, per il Sabato vogliamo concludere in bellezza con una via in Slovenia sulle splendide Alpi Giulie...ma questa è una storia che non racconterò, non perchè non ne valga la pena ma perchè per pigrizia di quell'ultima gita non è stata scattata neanche una foto!

Campanile di Val Montanaia, via Normale (V)

Il simbolo delle Dolomiti Friulane per eccellenza: una splendida torre dolomitica isolata, nel gruppo dei Monfalconi. Al centro di un magnifico anfiteatro roccioso. Sembra il personaggio principale recitare sul paco di uno spettacolo teatrale: il campanile al centro, il pubblico lo circonda. L'idea di questa gita nasce un sabato mattina, grigio e piovoso di questo sfortunato Agosto 2014: sono a casa di Andrea appena rientrato dalla Germania e reduce da una simpaticissima serata alla Taverna dell'Angelo, dove ho incontrato un sacco di volti noti, del Rugby anche persone che non vedevo da anni. Sfogliamo i libri in cerca di idee per la settimana...tra le tante compare anche lui. Trovo nel mio amico un vero entusiasmo all'idea, è una gita che avrebbe già voluto fare da tempo ma non ne aveva ancora mai avuto l'occasione. Detto fatto, come sempre, sì...solo che c'è da aspettare il bel tempo. Solo nel Giovedì potremo dirigerci non senza dubbi verso Cimolais in Val Cellina: non senza dubbi per il fatto che la sera prima a Udine aveva piovuto a dirotto e che la mattina stessa durante il viaggio in macchina altra pioggia era caduta. Come sarà a roccia? Asciutta? Dobbiamo rinunciare del tutto o andiamo fin là e valutiamo? Arriviamo al parcheggio che si raggiunge addentrandosi in valle dal paesino di Cimolais, parcheggiamo e zaini in spalla partiamo per l'avvicinamento: da relazione 1,5/2h, noi in un'ora siamo all'attacco! L'avvicinamento non è gradevolissimo, si risale il greto di un torrente quindi il sentiero non è nè comodo, nè bello...però...però quando il campanile inizia a far capolino cambia la musica: una splendida e ardita torre, verso cui vagano le nostre fantasie.
Ci prepariamo e ci avviamo all'attacco risalendo alcuni gradoni rocciosi. Parte Andrea per il primo tiro che va a risalire la parete a destra di una fessura, le prime impressioni sono subito molto buone: la roccia è salda, non si muove nulla e ben appigliata, parto io per il secondo che va a superare un leggero strapiombo sul 4° grado e vado in sosta, Andrea riprende il comando della cordata risale un camino e traversa verso destra fino in sosta.
Qui parte il 4° tiro che porta con un lungo traverso al pulpito Cozzi su difficoltà molto basse. Giunti al pulpito Cozzi, tocca ad Andrea attaccare la famosa fessura. Tale fessura oltre a rappresentare il passaggio chiave per l'intera via è anche estremamente unta. Andrea attacca e subito appare chiaro che il passaggio è delicato, si può rinviare subito su un ottimo dado, e poi proteggere a fessura nuovamente con un Friend medio. Andrea piazza il Friend, poi si cala fino al pulpito per studiarsi i movimenti da fare, quindi supera molto elegantemente la fessura sfruttando come appoggio la lama affilata della fessura stessa, anzichè sostare terminata la fessura traversa per portarsi all'altro passaggio spettacolare della torre, il camino Glanvell che toccherà a me fare. Parto io sicuro di poter superare la fessura in modo diverso e cioè caricando la lama lateralmente e opponendo il piede destro sulla parete a destra della fessura. Inizio a salire, porto piano piano i piedi in alto e poi afferro sicuro la lama sopra di me e la sensazione è pessima: la lama è untissima, porto il piede destro dove lo volevo portare e carico per innalzarmi, senonchè le mani mi scivolano e mi parte il piede sinistro, scivolo ma mi tengo con tutte le mie forze alla lama. Mi riporto in assetto e riprovo allo stesso modo: scivolo di nuovo, a questo punto però le mie braccia sono stanche, dal momento che sono secondo mi lascio andare per riposare. Sono molto dispiaciuto, è la prima volta che mi succede per altro su un grado che padroneggio bene e su cui mi sento sicuro. Penso, beh ecco se fossi stato primo di cordata sarei volato: certo un volo di un paio di metri ma che con tutta probabilità mi avrebbe fatto sbattere sul pulpito con i piedi. Niente è andata così, niente Rot Punkt ma devo superarla lo stesso: cambio tattica, guardo dentro la fessura e noto un bell'appoggio appena più in altro del punto in cui ha messo il piede Andrea. Riparto, copio la tattica del mio amico e sposto il piede destro sul nuovo comodo appoggio appena trovato: sono stabile e posso proseguire con tranquillità, un paio di movimenti ancora e sono fuori. Traverso per raggiungere Andrea: un traverso non difficile ma molto esposto e mi porto sotto al camino strapiombante. A vederlo da sotto è veramente impressionante, siamo in due in questa piccola nicchia, alle nostre spalle il vuoto, sopra di me 10m di camino di 4°/4+ con un chiodo solo e il pensiero dell'errore appena fatto. Non mi lascio intimorire e prendo l'occasione come una bella possibilità di riscatto: parto trovando subito una bella presa e porto in alto i piedi, da lì rinvio e riparto sicuro: il camino è così bello che dà la possibilità di fare un'arrampicata veramente elegante, come si trattasse di una via indoor, una sequenza di movimenti che sembrano quelle pensate da quelli che preparano le vie in palestra, solo che qui siamo su una bellissima via alpina. Mi mangio il camino rinviando su un chiodo poco sopra al Friend incastrato presente e dato dalle relazioni. Esco fuori su ballatoio dove rinvengo la sosta e sono nuovamente molto contento. Recupero Andrea. Gli ultimi due tiri si svolgono su una parete articolata su difficoltà molto basse, in compenso qui qualcosa si muove e appoggi e appigli vanno prima testati a dovere prima di affidarsene. Siamo in breve in cima. Il panorama è incredibile: intorno a noi, su ogni lato il vuoto, una sensazione unica. Diversa a altre torri che ho scalato in passato perchè pur avendo una cima piccola e isolata erano sempre nelle immediate vicinanze di una qualche altra parete o torre, qui invece in ogni direzione di sono decine e decine di metri di aria sulle parete più vicine che diventano centinaia di metri verso il bivacco Perugini e chilometri verso Sud. Per altro incredibilmente non ci sono altre cordate sul campanile, quindi possiamo goderci il momento da soli. La luce ancora una volta quella del tardo pomeriggio, sono circa le 17.00, la temperatura piacevolissima, il panorama e il pensiero di "aver fatto anche questa": siamo contentissimi.
Dopo le dovute scampanate e la firma sul Libro di vetta, le solite foto e il solito video ci prepariamo per la serie di calate per tornare a terra. Le calate sono 4: due sulla parete articolata degli ultimi due tiri che riportano al ballatoio, la terza più lunga e molto esposta che porta sulla terrazza Nord (ci si cala letteralmente nel vuoto per quasi 40m) e l'ultima più breve ma a sua volta verticale che porta ad un canalone ghiaioso che si ridiscende per sfasciumi e roccette verso Est e che riporta esattamente all'attacco.
Da qui zaini in spalla corriamo come consueto fino a valle, un camoscio ci tiene compagnia e vedremo 3-4 cordate salire alla volta del bivacco. Torniamo alla macchina e ovviamente concludiamo la giornata con una bella mangiata a Barcis, potendo godere anche di uno splendido tramonto sul lago. Rientriamo a Udine verso le 22.30, ci salutiamo e complimentiamo a vicenda e ci diamo appuntamento al giorno successivo per un' altra arrampicata. Obiettivo la via Valleferro che risale lo spigolo SO della torre Wunt nel gruppo dei Cadini di Misurina....altra gran bella via con i primi due tiri esposti e verticali dove mi riprenderò con orgoglio il mio 5° grado, ma questa è un'altra storia!

martedì 19 agosto 2014

Avancorpo Sud del Sass Rigais, Pilastro Destro Integrale - Variante

Questo è il racconto non di un'impresa alpinistica ma comunque di qualcosa non che capita di scrivere tutti i giorni, anzi per me è la prima volta: l'apertura di una variante di una via. Come detto niente di eccezionale: ma che ci ha esposto, causa anche il meteo ad una vera e propria avventura, specie per la discesa. Ferragosto: complice il rientro di mio fratello dall'Ungheria, prendo un paio di giorni di ferie per poter stare con la mia famiglia all'Alpe di Siusi. Di mio fratello non parlo mai in questo Blog perchè purtroppo non condivide con me la passione per il ripido e il verticale, pur essendo un gran buon sciatore: chissà che non mi riesca di convincerlo prima o poi di fare almeno un pò di scialpinismo! Vabbè senza divagare: sento Andrea perchè è una buona occasione per vedersi tutti insieme, la sua famiglia e la mia dopo tanti anni, quando eravamo bambini era cosa piuttosto frequente! Ovviamente la nostra idea è: lasciamo genitori, fratelli e sorelle a farsi una camminata e noi facciamo un'arrampicatina da qualche parte. Per sabato 16 il meteo non è dato come buono, non è male ma non è stabile...Decidiamo comunque di fare qualcosa e scegliamo una via corta, non difficile e nel gruppo delle Odle, in quanto un pò a metà strada per entrambi, la mia famiglia sta all'Alpe di Siusi per le vacanze, quella di Andrea in Val Badia: la via in questione è stata aperta da Bernardi stesso nel 2009 e descritta nel volume "Arrampicare in Val Gardena - 2": l'avancorpo Sud del Sass Rigais. Così passa meno di un mese e siamo di nuovo all'impianto del Col Raiser, parcheggiamo, finiamo lo zaino e via per l'avvicinamento. Dal Rifugio Col Raiser, si seguono le indicazioni per la ferrata del Sass Rigais quindi si arriva quasi al ghiaione della Val Mezdì a quel punto lo si abbandona e ci si dirige verso un evidente blocco roccioso alla base della parete, qui si rinviene un cordino su clessidra ad indicare l'attacco. Sono circa le 10/10:15 di mattina di un Sabato di metà Agosto: ma fa un freddo cane, tempo di indossare l'imbrago e preparare le corde ed entrambi iniziamo a non sentire più le falangi delle dita! Porto su un paio di guanti che verranno indossati dall'assicuratore di volta in volta per non congelare: non c'è il sole, per ora nuvole che dovrebbero però dissolversi. Attacco come ormai tradizione per primo: il primo tiro su difficoltà discontinue arriva comunque al 4°, non difficile ma sento poco le dita quindi non sono sicuro della bontà degli appigli, la sosta si trova su chiodo+clessidra, poco prima della sosta un'altra clessidra con cordino rosso e maglia rapida per rinviare. Parte Andrea per il secondo tiro che va a risalire una fessura di 4-, la fessura continua in diagonale verso destra, solo che prima di questo punto si dovrebbe attraversare verso sinistra su placca, Andrea però sale troppo, lo sento battere chiodi poi mi urla "recupero". Salgo e raggiungo l'amico in sosta: gli dico che secondo me siamo troppo alti, lui mi da ragione e mi dice: beh o torniamo indietro qualche metro o proseguiamo. Decidiamo di proseguire lungo la fessura in quanto siamo abbastanza convinti di poter tornare successivamente sullo spigolo quindi parto di nuovo e proseguo lungo questa prima variante. La fessura nella parte alta non è difficile, è appoggiata e la rocca è buona, presenta però poche possibilità buone di protezione con mezzi veloci, infatti dopo un 10 metri buoni, decido che pur essendo su gradi facili, sia meglio battere un chiodo e rinviare, in quanto anche la sosta che abbiamo è su un chiodo buono e uno meno buono. Rinvio e riparto verso un evidente spuntone. Questo lato dello spigolo, il lato destro su cui ci troviamo presenta roccia piuttosto marcia, inoltre è strapiombante, ma ci sono un paio di punti in cui si può attraversare verso sinistra per riguadagnare senza problemi il lato sinistro dello spigolo stesso. Giungo allo spuntone e lascio una bella fettuccia che mi da un gran sicurezza, quindi traverso, un traverso breve, esposto ma non difficile e mi ritrovo su una tranquilla paretina gradinata con un pò di "verde" e blocchi di roccia solida, potrei andare avanti ancora, Andrea è ad appena 20 metri da me, ma visto il traverso preferisco sostare qua, perchè come al solito l'attrito sulla corda è già considerevole. Batto due buoni chiodi e preparo la sosta, recupero il compagno per una buona volta sento dei complimenti per la gestione della corda e non delle critiche :).
Siamo a tutti gli effetti su una via nostra anche se la via del Bernardi si sviluppa alla nostra sinistra su difficoltà analoghe: discontinue e basse, su roccia non sempre ottima. Proseguiamo: parte Andrea e tira dritto per quasi tutta la lunghezza della corda, lo raggiungo e riparto io: pensiamo di essere all'altezza del masso incastrato del largo camino che divide il pilastro dal resto dell'avancorpo, poco prima di quel masso il Bernardi sosta su 3 clessidre. Decidiamo quindi di ricongiungerci alla via: faccio quindi il mio tiro pressochè traversando e basta verso sinistra, portandomi sul grande camino/colatoio che delimita il pilastro stesso e noto la formazione rocciosa che ricorda una forchetta, due corni ben evidenti che sono riportati sulla topografia: siamo rientrati in via. C'è solo da scendere di 5-6 metri disarrampicando per portarsi sulla sosta: 3 clessidre di cui una con un buon cordone, lo uso e rinforzo il tutto aggiungendo un anello di fettuccia utilizzando le altre due clessidre presenti, quindi recupero Andrea. Gli ultimi due tiri ce li siamo finalmente goduti con un bel sole caldo che ci mette il buon umore tanto che finalmente ne approfittiamo per tirare fuori la macchina e fare un paio di foto: siamo contenti, abbiamo riguadagnato la via arrampicando una nostra variante e siamo quasi in fondo. Ora il Bernardi vorrebbe farci lasciare il pilastro ed farci attraversare il camino...ma Andrea me la butta lì: "Non potremmo fare una variante e scalare tutto il pilastro?", io gli dico subito che ci sto, un pò di avventura e la sensazione di aver "fatto la nostra via", sempre che siamo stati veramente i primi a farlo: questo non possiamo saperlo però visto che la via è del 2009 ed è del Bernardi stesso abbiamo buone possibilità che i tiri seguenti siano "vergini". Faremo 3 tiri in tutto da quel punto per arrivare alla fine del pilastro: la roccia non è più che discreta, le difficoltà sono molto basse anche se alcuni singoli passaggi che abbiamo seguito potremmo darli di 4 o 4- non sono mai obbligati, ma è la linea che abbiamo seguito noi, cercando le difficoltà, su una parete che offre ormai poco. Non abbiamo comunque incontrato niente a livello di materiale lasciato da altri, nessuna traccia. Presenti alcuni buoni spuntoni, qualche clessidra però marcia.
Intanto purtroppo per noi le nuvole si addensano di nuovo e non appena giungiamo al culmine del pilastro inizia a grandinare! Pochi minuti e tutta la parete, i prati e i ghiaioni si vestono di bianco. Dobbiamo scendere e la discesa ce la dobbiamo pure inventare! Siamo in realtà abbastanza sicuri di poter guadagnare la linea di discesa proposta dal Bernardi senza troppi problemi. Andrea propone di calarsi sul canale di fronte a noi, io non sono convito che la scelta sia corretta: secondo me quel canale girerà verso destra e poi precipiterà verso valle, in quanto è il canale che va a definire il pilastro stesso dell'avancorpo che abbiamo scalato: sono dell'opinione che dovremmo salire ancora per un tiro anche in conserva per arrivare alla discesa del Bernardi, invece secondo Andrea da quel canale potremmo comunque rientrare sulla discesa giusta ma senza dover prima salire. Niente ci decidiamo per la calata: la nostra linea di discesa si rivelerà molto delicata e avventurosa, delicata perchè si svolge su roccia instabile e sporca, alternata a tratti di misto roccia/verdi ripidi, il tutto condito dal bianco candido della grandine appena caduta, avventurosa per l'ovvio fatto di essercela dovuta cercare da soli. La sconsiglierei: inviterei a non calarsi e invece a risalire per riportarsi sull'itinerario di discesa consigliato dal Bernardi.
Comunque, noi abbiamo fatto a modo nostro: cordino blu su grosso spuntone e maglia rapida, Andrea si cala per primo, poi tocca a me, 30/40m di calata, arriviamo proprio nel punto in cui il canale piega decisamente a destra (a scendere, spalle a monte), ora siamo convinti che non dobbiamo seguirlo, perchè altrimenti ci andremmo ad infilare in un colatoio verticale, dove non potremmo fare altro che allestire almeno altre 4 calate con grosse incognite, quindi pur essendo provvisti di chiodi preferiamo il buon senso: c'è la possibilità di risalire un altro canale alla nostra sinistra (sempre a scendere, spalle monte), in questo modo possiamo portarci in direzione della discesa data dal Bernardi). Andrea va avanti a vedere la situazione e inizia a risalire il canalone mentre io recupero le corde non senza difficoltà: si bloccheranno 2 volte e nel mentre ricomincerà a grandinare più forte di prima. Il morale è buono e siamo sicuri delle nostre possibilità ma le mani sono gelate mentre finisco di fare sù le corde, quindi mi dirigo verso il canale che in quei 5 minuti ormai si è bagnato completamente ed è stracolmo di grandine. Lo risalgo come Andrea in libera, passaggi delicati i primissimi anche di un buon 4° per vincere il breve strapiombo iniziale con le scarpe da avvicinamento. Raggiungo il mio amico che nel frattempo ha battuto un chiodo e mi porge gentilmente la mano per gli ultimi due passi su terreno alquanto instabile e coperto da uno strato generoso di grandine. I nostri cellulari suonano: sono i nostri genitori che evidentemente si stanno preoccupando non vedendoci arrivare e avendo assistito alla grandinata dal Rifugio Firenze. Rispondo sempre dicendo che ci vorrà del tempo per arrivare al ghiaione, vista la grandine, ma che stiamo bene e siamo tranquilli. Purtroppo dovrò raccontare la stessa cosa per ben 4 volte e preferirò sempre rispondere per evitare che laggiù pensino che ci sia successo qualcosa, sebbene provi sempre a far passare il messaggio che non posso arrampicare e parlare al telefono contemporaneamente e che se proprio avessimo problemi evidentemente potremmo benissimo avvisare i soccorsi da soli. Sentiamo gli elicotteri passare due volte: ci rendiamo conto che ci sono in zona altre cordate in difficoltà colti da questa perturbazione così veloce e violenta. Al Rifugio ci diranno di 2 recuperi sempre sulle Odle, uno da una ferrata, l'altro di due rocciatori. Noi pensiamo alla nostra discesa: dalla nostra sosta saliamo su una piccola forcella e ci troviamo sulla parete Est, parete appoggiata ma solcata da grossi canali che impediscono il passaggio e che termina con un tratto verticale e liscio prima del ghiaione: decidiamo di traversare verso Nord per portarci nel punto in cui la parete si avvicina ai ghiaioni e trovare il punto debole per scenderla, sarebbe tutto più facile in buone condizioni: tutto 1°/2° grado, ma la grandine per terra, le rocce instabili e i prati ripidi trasformano il tutto in una situazione che va presa con le dovute cautele. Ci leghiamo e facciamo 4 tiri a traversare, di seguito un tiro a risalire un altro canalino, sempre per portarci il più possibile vicino al ghiaione sottostante. Da qui iniziamo finalmente il percorso finale verso valle: dovremmo essere finalmente sulla linea di discesa del Bernardi, alla fine faremo altri 4-5 tiri da 50-55m disarrampicando sul tipo di terreno già descritto. Siamo molto preoccupati non per noi stessi ma per i nostri genitori che ci stanno aspettando e che sono sicuramente in pensiero per noi. Il cellulare suona nuovamente proprio quando sto disarrampicando io, non posso rispondere ma appena mi metto in equilibrio richiamo subito sempre per evitare che laggiù inizino a farsi pensieri sbagliati.
Arriviamo quindi sul ghiaione, chiamo e confermo che siamo su terreno tranquillo. Voliamo all'attacco a recuperare il mio zaino e scendiamo verso il rifugio Firenze alla solita maniera, cioè: correndo, come facciamo sempre. Nel mentre un bel sole ci regala uno spettacolo magnifico: colori intensi, il verde dei prati che contrasta con le rocce illuminate dalla luce della sera, ci fermiamo per fare qualche foto e riprendiamo la corsa verso il Rifugio. Giunti là, troviamo quello che ci aspettava: un'accoglienza gelida. Genitori, fratelli&sorelle incavolati neri per il nostro ritardo e per aver fatto stare tutti in pensiero, come era logico aspettarsi: le sentiamo. Ci scusiamo dicendo che ci avrebbe fatto piacere non ritardare e che ci dispiace aver fatto preoccupare le nostre famiglie: non parliamo molto perchè abbiamo la sensazione che qualunque cosa dicessimo, anche parlassimo d'altro, potrebbe essere usata contro di noi...lasciamo sedimentare. Poi però riusciamo a convincere tutti che sarebbe stato bello andare a cena fuori insieme e che per farci perdonare avremmo pagato tutto noi! Durante la discesa, piano, piano torna il buon umore tra i familiari. Scendiamo alla macchina ci cambiamo e cerchiamo un posto dove gozzovigliare, un'impresa essendo il Sabato di Ferragosto! In tutto questo, naturalmente, ci siamo ben guardati dal dire che avevamo aperto la nostra variante di una via: immaginando tutte le conseguenze del caso....sarebbe stato come darsi una mazzata sui piedi da soli. Quindi solo i nostri fratelli e sorelle ne verranno nel corso della serata a conoscenza!

lunedì 21 luglio 2014

Mur de Pisciadù Orientale, Sperone Nord-Est

Per la domenica visto anche un meteo meno stabile scegliamo una via più corta e nelle immediate vicinanze dal parcheggio dove abbiamo dormito, anzi il parcheggio è anche il punto di partenza e arrivo. Dal parcheggio verso la ferrata Tridentina, si passa oltre continuando per il sentiero 676 verso la Val de Mezdì, prima di arrivarci ci si alza per prati in direzione di un grande blocco alla base della parete. Da relazione l'attacco è posto sopra e a destra del blocco stesso, l'attacco è su uno spuntone. Poco più a destra c'è anche una clessidra con cordino. Parto da primo e risalgo la prima fessura tirando dritto per dritto fino ad uno strapiombo e tiradomi dietro le "ire" del mio amico che mi rimprovera di essere già finito fuori via...ovviamente ha ragione. Ho risalito quasi sprotetto una fessura forse di 5° anzichè sfruttare la facile cengia che obliqua verso destra, dove si rinviene una protezione su clessidra e cordino blu. Qui in realtà già sosterò. Per tutta l'arrampicata ci siamo chiesti se abbiamo seguito la via corretta: non ci siamo mai ritrovati al 100% con la topografia, abbiamo ritrovato molte clessidre con fettuccia, ma le distanze dei tiri non hanno mai combaciato con le nostre soste. La parete è molto articolata e si lascia vincere n diversi punti senza passaggi obbligati, a parte il mio errore iniziale non supereremo mai il 4° grado, sebbene fino a metà le difficoltà rimangano piuttosto sostenute, poi la parete molla notevolmente. Non siamo in vena di fare grandi foto o prendercela comoda in quanto sappiamo che c'è il rischio concreto che il tempo cambi verso mezzogiorno, piano piano infatti le nuvole si addensano senza mai diventare veramente minacciose ma ci sono tutti gli elementi per pensare che di lì a poco si sarebbe messo a piovere. A metà parete inizia infatti a gocciare, proprio mentre io sto per partire per l'ultimo tiro un pò più impegnativo, valutato di 3+ o 4- mi pare. Da lì in poi tutto si svolge su difficoltà più basse anche se la qualità della roccia fino a quel punto ottima inizierà a peggiorare: blocchi instabili, detriti, bisogna fare un pò più di attenzione. Spingiamo sull'acceleratore per uscire fuori dalla parete prima che inizi a venire giù la pioggia e per evitare un possibile temporale. In realtà per nostra fortuna tempo pochi minuti e le nuvole si spostano lasciando di nuovo spazio al sole proprio mentre io risalgo l'ultimo canalino di 1° o 2° grado che porta fuori.
Alla fine anche questa non sarà una via brevissima: tra varianti e l'attacco abbiamo sicuramente fatto più di 400m d sviluppo. Certo non sono cose di cui vantarsi, però ci siamo divertiti. C'è giusto il tempo per una foto di rito in cima, poi via al Rifugio Pisciadù per mangiare qualcosa e quindi giù in valle per rientrare al parcheggio. Al parcheggio sistemiamo l'attrezzatura, ci cambiamo e decidiamo di mangiare qualcosa del salame e del formaggio ce ci eravamo portati dietro e di dividerci una "Augustiner" che avevo portato io dalla Germania. Non si può resistere a questi momenti, dove ce la si racconta, si fanno altri piani, si parla di altre cose e ci si gode il giorno che volge al termine..già questi momenti vanno vissuti fino in fondo: con un amico dopo due bellissimi giorni di arrampicata, nelle nostre montagne preferite, è sempre un momento che va festeggiato e vissuto fino in fondo... Certo questo avrà la conseguenza che da quel parcheggio io ripartirò verso le 19.30...il che significa: occhi aperti e concentrato per altre 5 ore buone per tornare a casa intero...

Piccola Fermeda, Spigolo Sud Est

Mi ricordo che piuttosto di recente ho detto ad Andrea: ho proprio bisogno di arrampicare, ma vie lunghe, non le solite viette, i soliti 7-8 tiri...Ovviamente la mia uscita ha risvegliato anche nel mio amico la voglia di pareti serie. Questa gita nasce Giovedì sera, dopo che ci eravamo detti: mah ci possiamo sentire, teniamo d'occhio il WE se il tempo è buono andiamo a fare qualcosa in Dolomiti. Detto fatto. Venerdì parto anche relativamente presto, verso le 17:00 e ci diamo appuntamento al parcheggio della Ferrata Tridentina al Pisciadù, un pò perchè tra le vie papabili ce ne è diverse in quella zona o che addirittura partono da lì, un pò perchè lì si può campeggiare. Dopo aver valutato alcune proposte in serata ci corichiamo con l'idea di fare lo spigolo sud-est della Piccola Fermeda. Una via di 4° Grado, ma molto lunga in ambiente severo: più di 500m di sviluppo fino all'anticima e ulteriori 160m per arrivare alla cima, in seguito disarrampicando per la normale con passaggi di 3° in un paio di punti, più facile il resto.
Partiamo la mattina per prendere la prima funivia del Col Raiser, quindi ci dirigiamo verso la malga nei pressi di Pietra Longia, sono poco meno di 200m di dislivello, quindi per prati all'attacco della via. I primi tiri si svolgono su insidiosi pendii erbosi molto ripidi, il terreno peggiore, parto io come primo e tiro dritto per dritto quasi tutti i 60m della corda, sosto battendo un chiodo e mettendo giù un Friend, recupero Andrea che esce dai verdi e si porta con ulteriori 50m subito sotto al tiro chiave, il primissimo su roccia, una bella fessura gialla. Tocca di nuovo a me, parto, arrampico la bella e larga fessura con un paio di passaggi in opposizione, sosto sul primo chiodo che incontro, aggiungendone un secondo, recupero Andrea che completa la traversata, molto aerea e si porta nella gola tra la piccola e la grande Fermeda.
Riparto io per quello che dalla topografia del Bernardi è il 7° tiro, dalla gola ci si alza su una paretina verso sinistra e ci si dovrebbe infilare in un colatoio detritico, un tiro di 4° grado. Io però farò la mia variante: lascio la paretina a sinistra e anzichè infilarmi nel colatoio mi butto sulla parete alla mia destra: avevo visto un chiodo e mi sembrava proprio bella. Così anche sarà: roccia fantastica, solida, pulita, ruvida, un sogno...difficoltà maggiori di un 4° grado, 4+ sicuro forse il 5- ci può stare, troverò due chiodi in tutto, quindi una clessidra con cordino che non userò e uscirò sopra il colatoio su un ghiaione, ricongiungendomi alla via corretta. Bisogna risalire un tratto il ghiaione, camminando, andrà avanti Andrea fino ad arrivare a una fessura nera alla base della quale si sosta. Da qui si risalgono le placche a sinistra della fessura stessa: due tiri emozionanti, un traverso spettacolare su queste placche che terminano nel vuoto e sotto a pareti gialle strapiombanti, arrampicata bellissima, il tratto di 4- toccherà a me e i 25m successivi di 3+ ad Andrea che andrà un può più avanti andando a sostare già sullo spigolo. Da qui si segue fedelmente lo spigolo tenendosi di tanto in tanto a destra o a sinistra di questo, mi ricordo uno degli ultimi tiri dove ci si tiene a destra dello spigolo per un tratto, è il tredicesimo tiro dato di 4- sempre dalla relazione del Bernardi: aereo, lo spigolo lì si butta sugli strapiombi sul lato della gola tra la piccola e la grande Fermeda, passaggi bellissimi sempre su roccia superlativa. Da qui ancora due tiri più semplici per arrivare all'anticima. Dall'anticima, alla fine dell'ultimo tiro si nota una sorta di forcelletta, noi siamo scesi oltre la forcella, quindi non siamo saliti fino al culmine dell'anticima ma siamo rimasti appena poco sotto. Si cammina un tratto e si rinviene una calata per la quale basta una corda sola, due cordini su spuntone di cui uno nuovo rosso e un anello a maglia rapida. Dopo esserci calati per 15/20m circa, sulle ghiaie risaliamo la facile e divertente paretina fino alla cima, la parete appoggiata può essere risalita senza passaggi obbligati, siamo forse al massimo su un 2° grado, che abbiamo fatto slegati e che porta direttamente in cima. Da qui il panorama è da sogno, il baratro sulla Val di Funes è da togliere il fiato, si vede bene il Sass de Putia, la Grande Fermeda ci sovrasta e dall'altra parte: il Sella, il Gruppo del Sassopiatto/Sassolungo, quindi il Catinaccio e l'Altopiano dello Sciliar e quindi l'Alpe di Siusi.
Sono contentissimo di essere quassù, la Piccola e Grande Fermeda sono le Odle meglio visibili dall'Alpe di Siusi, dove vado fin da quando ero bambino. Vedere l'Alpe da quella prospettiva così nuova mi ha reso felice: sono i luoghi della mia infanzia a cui sono molto legato. Una nota per così dire negativa: è tardi, la via ci è costata più di 5 ore e dobbiamo ancora scendere la normale. Quindi nonostante un luce fantastica, la temperatura gradevolissima e la voglia di stare seduti a godersi il panorama, lasciandosi trasportare, come in un sogno...torniamo alla dura realtà, tolte le scarpette, ci mettiamo quelle da avvicinamento e iniziamo a scendere. La discesa è assolutamente intuitiva, ci sono due tratti di terzo grado, il primo l'abbiamo disarrampicato, mentre al secondo ci siamo calati. Il Bernardi suggerisce arrivati alla "Forcella Terrazzo" di risalire la cresta erbosa quasi fino al culmine, quindi infilarsi in Val di Funes per rientrare in Gardena dopo aver attraversato un tratto, questo permette di riguadagnare il sentiero che da lì in poi dolcemente ci riporterà alla Pietra Longia, quindi alla malga, quindi al Col Raiser. Ovviamente essendo tardi scendiamo a Piedi fino al parcheggio, come al solito quando si va con Andrea: correndo! Sotto lo sguardo incredulo e sbigottito dei pochi passanti che abbiamo incontrato.
Siamo un pò provati ma felicissimi: la via non è mai tecnicamente difficile anzi un paio di tiri più impegnativi li avrei fatti più che volentieri, però è lunga, tiene per tante ore impegnati, sia di testa che di fisico e quindi non è assolutamente da sottovalutare anche per via di quel traverso sulle placche che taglia un pò i ponti con la parte bassa e per i prati ripidi dove sicuramente non è piacevole scendere in ritirata. La sera andiamo a Colfosco a mangiare "qualcosa", alla fine divoreremo: una pizza Zola&Salsiccia a testa e sempre a testa una cotoletta alla milanese con patate, l'insalata e il dessert...Veramente due fogne senza vergogna! Inutile dire che il giorno seguente avremmo bruciato tutto e anche di più su un'altra gran bella e non cortissima via, sul Mur de Pisciadù....ma questa è un'altra storia!