venerdì 30 dicembre 2016

Invernale allo Jof di Montasio, via Findenegg

Quando l'anno ormai è agli sgoccioli e ripenso alle cose fatte e non fatte, ai successi e ai bocconi amari, all'alternanza dei momenti di stress e quelli di gioia... Penso anche, purtroppo, a quanto poco c'è stato da raccontare in questo 2016 di vie, cime e discese: un anno magro, il peggiore dall'inizio della mia "carriera alpinistica"... Proprio quando mi ero convinto che oramai valesse la pena di aspettare e girare pagina, pensando che "l'anno prossimo andrà meglio", proprio in quel momento si concretizza la possibilità di concludere in bellezza con una Signora gita.
"...Per quante montagne abbia visto, niente eguaglia le Giulie..."
E anche se questa celebre frase di Kugy non possa non celare una giusta vena di orgoglio per quelle che più di tutte sono state le Sue montagne, quelle che ha esplorato, quelle che ha raccontato e romanzato nei suoi scritti, non posso che condividerla e sentirla un pò anche mia. Le Alpi Giulie sono magiche, severe, aspre, candide, selvagge: le Dolomiti ti entrano nel cuore, le Giulie entrano prima nella pancia. Le Dolomiti significano bellezza, le Giulie esprimono istinto...e l'istinto è quello che ci riporta a essere naturali, non costruiti, semplici e ci spoglia da tutta quella sovrastruttura a cui il mondo moderno ci ha abituato e ci richiede. Per questo non poteva esserci modo migliore per riprendere a parlare di Alpinismo, dell'idea di scalare lo Jof di Montasio in inverno. Per me è la terza salita, la seconda facendo l'anello Findenegg-Normale... e dopo due salite in autunno inoltrato, arriva la soddisfazione e sopratutto la magia della stagione fredda.
Partiamo da Udine poco dopo le 5.30, io, Andrea e Marika direzione Sella Nevea e poi sui Piani, parcheggiamo, il sole non è ancora spuntato ma intorno è già chiaro, l'aria è fresca ma non veramente fredda, il cielo terso. Risaliamo verso il Rifugio di Brazzà e prendiamo la traccia che traversando per prati porta alla Forca Distreis. Il sole inizia ad accendere di rosso la cima per poi arrivare fino a noi. Dalla forca iniziamo a traversare il ghiaione per poi lasciarlo (indossiamo ramponi e imbrago) e puntare direttamente alle pareti per guadagnare quota e iniziare a risalire le gradinate che ci condurranno alla Grande Cengia. La Torre Distreis che aggireremo esternamente ci indica il percorso, fin qui tutto bene, la progressione è agevole, neve perfetta alternata a roccia e sfasciumi. Dopo la Torre Distreis inizia la cengia e qui iniziano le prime difficoltà, o meglio le maggiori attenzioni. Troveremo neve da qui fino all'attacco del canalone come era plausibile aspettarsi, il che trasforma una comoda seppur esposta cengia nel suo aspetto estivo in un piano inclinato ed esposto, sotto di noi un'eventuale caduta ci farebbe precipitare nell'orrida gola della Clapadorie, 1000m più in basso. C'è da andare sicuri, tranquilli ma attenti.
Quando notiamo la roccia con le marcature Bivacco Suringar-Findenegg le comode balze rocciose estive diventano una tavola di neve che impenna notevolmente superando costantemente i 50°. Troviamo un terrazzino per legarci e reidratarci, tiriamo anche fuori la seconda picca. Partiamo: i primi 50-80 metri lasciano anche me stupito, non pensavo che tirasse sù così tanto e in maniera così repentina, va detto che ci troviamo molto spostati a sinistra rispetto al canalone vero e proprio e entreremo nel canalone stesso molto più in alto rispetto a quello che ci avrebbero portato a fare la marcature in estate, teniamo comunque la linea per poi traversare decisamente a destra ed entrare nel canalone vero e proprio.
Qui la progressione diventa più semplice, la pendenza diminuisce pur non scendendo a mio avviso mai sotto i 40-45°. Io e Andrea ci alterniamo nella conduzione, Marika è tra noi due al centro. Risalendo il canalone si nota un pilastro arrotondato che divide due canali, il Findenegg e un altro molto più stretto più a destra, non sappiamo se anche quello consenta di sbucare sulla cresta, ma sappiamo che non si tratta del Findenegg, quindi continuiamo lasciano il pilastro sulla nostra destra. A questo punto se fossero stati visibili i bolli e se io avessi una memoria migliore ci saremmo tenuti a sinistra per sbucare prima in cresta e su pendii più dolci, invece rimaniamo a destra risalendo un sistema di canalini ghiacciati e molto ripidi, dove per le viti c'è troppo poco ghiaccio, mentre la roccia non mostra fessure per proteggere: riesco a mettere solo un cordino su un discreto spuntone. Tratto molto bello e di soddisfazione ma che ci ha richiesto sicuramente un impegno maggiore. Arrivo su un comodo scalino di neve fcendo sosta sulle picche e recuperando Marika e Andrea non senza la solita corda che si impiglia, lascio quindi la conduzione di nuovo ad Andrea per gli ultimi 30m che portano finalmente alla cresta, finalmente perchè abbiamo capito di avere le ore di luce contate per arrivare ai ghiaioni quindi su terreno sicuro prima che faccia buio. La cresta l'abbiamo trovata in condizioni ottimali addirittura più agevole che in estate, pochi accumuli e pochi cornicioni, da qui in pochi balzi siamo in vetta! La dovuta pausa, le scampanate, le dovute foto, ma ci possiamo concedere veramente pochi minuti, guardiamo l'ora sono già le 14.30.
Reidratati e con qualcosa nello stomaco riprendiamo la marcia. La cresta che conduce alla scala Pipan si è rilevata molto agevole e tranne in pochi singoli punti siamo riusciti a percorrerla molto velocemente, il vento da N-NE a tratti ci punge il viso, ma non crea problemi. La scala Pipan è pulita, rimaniamo legati e rinviamo con una semplice longe. Dalla base della scala quello che d'estate è un faticoso ghiaione di sgrebani tutt'altro che piacevole, ora è un unico pendio di neve che, complice la presenza di comode tracce, ci porta agevolmente in basso, dal sasso a forma di vela (per me a forma di vela, comunque impossibile da non notare) traversiamo in direzione Ovest ancora su neve finchè non rinvieniamo un grosso anello di calata che punta un canalone innevato, noi non lo usiamo (non ho neanche idea di dove termini e quanto sia eventualmente lunga la calata) e scendiamo in direzione Sud seguendo la via estiva, qui la neve scompare e i bolli sono visibili. Il sole sta scomparendo velocemente dall'orizzonte regalandoci colori e luci che vorremmo contemplare con più calma, ma l'obbligo di arrivare sui ghiaioni con la luce è tassativo.
Manca comunque poco, pochi minuti e siamo su terreno sicuro. Scendiamo alla forca quando c'è ancora luce, qui ci fermiamo, ci liberiamo dall'attrezzatura, ci armiamo di lampada frontale e nell'oscurità avanzante rientriamo pian piano verso la macchina. Rimane un ultimo obbligo dopo i complimenti reciproci, in particolare a Marika (tosta la ragazza): il polletto a Resiutta come si conviene quando si passa da queste parti! La Findenegg al Montasio d'inverno, quella che è stata la mia prima via alpinistica fatta all'epoca da solo, oggi in una veste nuova e incredibilmente affascinante. Non poteva esserci modo migliore per riprendermi ciò che voglio sentire ancora mio, nonostante quest'anno ci sia stato poco, troppo poco spazio per questo: godere della natura selvaggia e dell'andare in montagna, perdersi nella bellezza della vita, semplice e primordiale come la roccia delle Giulie, per coglierne gli aspetti che contano veramente e che mi rendono felice. Ad un fantastico 2017!

domenica 13 novembre 2016

Cima Beltovo di Dentro (3325m) - Scialpinismo, Solda

Solo qualche riga per celebrare l'inizio della stagione sciistica. Sabato con Andrea in Val Senales bellissima giornata di sci-test (e che signori sci abbiamo provato), oggi in quel di Solda con l'idea di pellare e fare un pò di dislivello. Alla fine dal parcheggio con un passo lento ma costante siamo giunti in vetta su Cima Beltovo 3325m con un salto di 1400m...non male per essere la prima anche se forse abbiamo esagerato, ma gli acciacchi e i dolori si conteranno domani mattina al risveglio. Discesa funestata (oh anche l'hanno scorso in Marmolada ho fatto i conti con cedimenti strutturali) in partenza per rottura della leva principale del mio scarpone sinistro mentre lo stavo chiudendo...sì proprio quella più importante per passare da salita a discesa. Pazienza è andata così.

martedì 1 novembre 2016

Sullo Jof di Montasio

Una bellissima (con qualche velatura) giornata di fine Ottobre mi riporta, sullo Jof di Montasio, la cattedrale di roccia delle Giulie Occidentali. Non ho motivo di descrivere la via normale, nota a tutti: riporto solo questo nuovo ricordo di una bella giornata autunnale, oggi come 5 anni fa, anzi no stavolta sono in compagnia di Elisa, Marika, Rossana e Denis. Stavolta anche con discesona spettacolo correndo giù per il mitico ghiaione, una sorta di prima "sciata" della nuova stagione, da rifare!
Ieri lavoro intenso (e immenso: visto che gli Head erano non so come diventati ruggine in una settimana...boh) su lamine e solette, ora settimana corta...poi se tutto va come da programmi: pronti per tirare le prime pennellate a Solda il Week End prossimo.

mercoledì 10 agosto 2016

Un Week End in Giulie - Jof Fuart e Canin

Le Alpi Giulie, la mia vera autentica passione. Anche questa volta niente vie, ma due cime in compagnia. Sabato saliamo al Rifugio Corsi con Elisa e Marika, il piano è una giornata in relax..che per me finirà in modo un pò diverso. Decido infatti di salire solo soletto sullo Jof Fuart, ci tengo a buttare sù un pò di metri di dislivello per capire come sto a gambe. La normale Sud l'ho già salita l'anno scorso in una giornata da favola con sole e bel tempo e ahimè non avevo la macchina fotografica per immortalare il panorama eccezionale (specie sul confinante gruppo del Montasio) che si gode da lassù, pazienza sono immagini che mi ritornano in mente lo stesso. Quest'anno ripeto lo stesso errore, macchina dimenticata a Bolzano: per fortuna Marika mi ha prestato il suo cellulare (e spiegato come fare i selfie senza girare il cellulare)...purtroppo quest'anno una nuvola ha deciso di mettere il cappello alla cima dello Jof e l'unico soggetto inquadrabile sono diventato io (con una faccia stravolta) e la madonnina di vetta.
Scendo intercettando gruppi degli innumerevoli stambecchi che popolano questo gruppo, non senza sentirmi alquanto stanco...forse ho esagerato: con il ritmo (1650m di dislivello positivo in 3 ore e mezza è sicuramente un discreto andare, forse troppo per un fisico non allenato come un paio di anni fa), con il fatto che non avessi nemmeno una barretta con me, rientro al rifugio al limite delle energie. Purtroppo il frico del Corsi non è di conforto, in quanto ho lo stomaco sottosopra e infatti di lì a poco non darò un degno spettacolo...Pazienza, sono cose che succedono forse dopo i 30 c'è da stare più attenti. Rientriamo a valle, ringrazio Marika ed Elisa per il sostegno oltre che per la compagnia. Per Domenica l'idea è di salire il Canin a noi si aggiunge Rossana: l'idea è quella di salire la via ferrata "Julia" e scendere per la stessa o per la via delle cenge, alla fine invece decidiamo (e io non me ne sono pentito) di fare l'anello che ci farà proseguire in cresta in direzione Est, per poi farci scendere in territorio sloveno, superare sella Forato e passare per la Prevala, per rientrare al Gilberti. In questo caso la salita e discesa a valle è affidata alla funivia, non è esattamente un andare in montagna "by fair means" ma di risalire la pista da sci o il sentiero adiacente, beh di voglia ce ne è poca. Il panorama dalla cima del Canin è superbo: la Val Resia, ovviamente i gruppi del Fuart e Montasio e grazie all'aria limpida la visuale è aperta e nitida sul mare e su tutta la pianura.
Sarà forse l'anno con meno alpinismo in assoluto da parecchio tempo a questa parte, ma il relax e il piacere di queste gite le rende spesso più godibili di altre attività, sicuramente più entusiasmanti ma anche molto più impegnative. E poi le Giulie rimangono le Giulie!

martedì 26 luglio 2016

Ferrata delle Bocchette Centrali - Dolomiti di Brenta

Qualche riga la merita anche questa gita: posto bellissimo e per me del tutto nuovo, bella compagnia e alla fine meteo clemente, almeno il giorno che contava veramente. Sono credo ormai 5 anni che non faccio una gita che ha per meta una via ferrata e devo dire che è un peccato...sì perchè anche questo è un modo per vivere la montagna, più comodo, più rilassato e che ti permette di andare più piano, cosa per niente sgradevole di tanto in tanto.
Pernottamento al Rifugio Pedrotti il Sabato, sveglia la mattina di buon'ora, colazione e via in direzione della Bocca di Brenta, scollinando oltre la forcella si scende non molto e si seguono le indicazioni sempre evidenti per guadagnare la cengia che avvolge la Cima Brenta Alta, si passa poi a fianco del celeberrimo Campanile Basso (quello sì, meriterebbe una visita...) e poi con un percorso incantevole tra sali e scendi e soprattutto sulle cenge, agevoli ma esposte fino alla Bocca dei Armi, dove è presente un nevaio, sullo sfondo il Rifugio Alimonta. Noi completiamo il percorso ad anello scendendo una nuovissima via ferrata (più atletica che bella) che va a riguadagnare il sentiero Spellini. Da qui si rientra al punto di partenza.

lunedì 18 luglio 2016

Torre Grande di Falzarego

Scrivo solo qualche riga più che altro per festeggiare la fine della lunghissima astinenza da roccia e da attività in montagna. Sembra incredibile vivendo a Bolzano e ripensando alle scorribande e alle incursioni che ero capace di fare quando le Alpi erano anche decisamente più lontane...C'è da rifletterci sù, ma sono contento di aver rotto l'incantesimo. Via che non rientrerà tra le "imprese" ma che ci ha offerto qualche passaggio interessante e piacevole su roccia ottima e in compagnia.

martedì 5 luglio 2016

Giro in macchina - Passo dello Stelvio

Non si tratta di alpinismo, su quel fronte sono purtroppo fermo. Ma volevo fare un un bel giro, che mi ha portato in Valtellina scollinando prima il Passo San Marco, con rientro in Alto Adige superando lo Stelvio. L'Ortler è lì che mi guarda vicino, maestoso, magico, la sua presenza mi fa sentire a casa: e oggi volano i ricordi...cambia solo la prospettiva.

lunedì 11 aprile 2016

Una bella incompiuta - Canalone Huda Paliza, Alpi Giulie

Una classica delle Giulie Occidentali, un bel canalone che scende dalla Forca di Terrarossa (Gruppo del Montasio) giù in Val Saisera, terminando poco lontano in linea d'aria dal Bivacco Mazzeni. Sono con Andrea che questo canalone lo ha già sceso. La fama di questo itinerario ha fatto sì che dovesse rientrare per forza anche nella mia lista di gite da fare. Ritrovo a casa di Andrea alle 5.30 di mattina, già la sera prima ne avevamo parlato: forse oggi non ci sono le condizioni giuste. Il giorno prima è stato nuvoloso e ha piovuto, le temperature sono state miti, quindi non ha rigelato e temiamo ancor prima di arrivare che oggi giri male. Quando arriviamo al parcheggio presso Malga Saisera e tastiamo la neve siamo ancora più perplessi: è già morbida e non sono ancora le 7.00 di mattina. Decidiamo comunque di risalire e provare pensando (un pò stupidamente) che si potrebbe deviare per sciare la forcella Lavinal dell'Orso o la Forcella Mosè, perchè esposte a Nord quindi protette dall'irraggiamento: la Huda Paliza, il sole purtroppo per noi lo prende già subito alle prime luci del mattino.
Terminata la pista di fondo usciamo a destra seguendo le indicazioni per il Bivacco Mazzeni, quindi ci inoltriamo nel bosco, superato questo ci troviamo in terreno libero e attraversato un vasto campo valaghifero (a dire la verità non ci siamo passati proprio sopra ma questo si trovava sulla nostra destra: ma gli alberi divelti ovunque la sciavano pensare che in certi anni qui la montagna spazzi tutto quello che si possa spazzare) puntiamo al canyon che come da relazione ci condurrà alla Spragna Alta. Il canyon si presenta ben agibile anche se in fondo si impenna e ci dà l'idea di un'uscita non banale. Sull'uscita (siamo usciti sul lato sinistro) la neve già poco consistente ci costringe a prestare molta attenzione per evitare pericolosi ruzzoloni. Rimessi gli sci, la distanza che ormai ci separa dall'imbocco del canalone è breve, si traversa in leggera salita verso destra, impossibile mancare la via giusta. Qui ci rendiamo conto che andare a prendere una traccia per tentare le altre forcelle nominate prima ci costerebbe molto tempo e decidiamo quindi di stare sull'obiettivo iniziale.
Iniziamo a salire, ci rendiamo conto che due persone si trovano 200m più in alto e anche loro sono intente e percorrere questo itinerario. Sci ai piedi ci addentriamo nel canale, dietro di noi si staglia la mole possente del Jof Fuart, la forcella Mosè da qui sembra ancora più severa di questo itinerario. Fa caldo e la neve non promette bene, nonostante tutto la progressione è accettabile e tutto sommato sicura quindi continuamo la salita. Giungiamo ad un punto dove il canalone diventa molto largo, iniziamo a notare qualche piccolo scivolamento del manto nevoso, quando il canalone si restringe facciamo una breve pausa e calziamo i rampanti per avere quel pò di grip in più che ci consenta una progressione più veloce. Per un attimo pensiamo di potercela fare ad arrivare in cima, i due che ci precedono sono nella parte alta, a ridosso dell'uscita e a noi mancano 200-250m circa. A questo punto però in men che non si dica vediamo tutto il pendio che inizia a scivolare piano piano ma costante verso valle. La neve è pesantissima e scorre come un fiume: il tutto è durato un paio di minuti prima che la neve si fermasse. Ormai è chiaro che proseguire è un azzardo, prendiamo subito la decisione di finirla lì e di andarcene e in fretta perchè a questa prima scarica ne seguiranno sicuramente altre.
Non è solo una questione di sicurezza: la neve è molle e bagnata, non è a blocchi, le pareti laterali del canalone sono pulite quindi il rischio di scariche di sassi dai lati è anche basso...ma il dietro front è l'unica decisione che possiamo prendere. Tra l'altro: che gusto ci sarebbe poi dalla cima a scendere un pendio simile ad una zuppa di cipolle? Un canalone così va sciato quando è in condizioni per godersi una gran discesa. Quindi bando alle ciance, in pochi istanti le pelli sono nello zaino e gli sci sono ai piedi, spalle a valle e via. Lo scenario e il contesto sono da favola, siamo in Alpi Giulie qui sembra si essere su Pandora ma la discesa purtroppo causa neve è poco entusiasmante, le pendenze sono contenute, si fa fatica a scivolare su questa pappa: Huda Paliza ha una grande fama ma a parte pochi tratti a 45° nella parte alta è un canalone che non si può definire estremo. Con nostra grande sopresa mentre rispunta di fronte a noi, più in basso, l'ingresso del canale vediamo un nutrito gruppo di 5 persone che sta ora per entrare nell'Huda Paliza...mah, a noi sembra una pessima idea, ormai è chiaro come il sole che è troppo tardi per iniziarne la risalita. La scarica di prima è arrivata giù fino alla base. Glielo diciamo che la neve non è buona, ma ci sembrano intenzionati a continuare.
Gli ultimi 50-60m del canale sono quelli che ci hanno offerto la neve migliore, oltre al canyon che abbiamo percorso anche in discesa e dove abbiamo potuto godere di tratti molto divertenti. Poi il bosco, la pista di sci di fondo e le macchine. Che dire che sicuramente i nostri 1000-1100m di dislivello li abbiamo fatti, abbiamo passato una bella giornata in uno scenario unico...ma il caso resta aperto e per me è d'obbligo ritornarci in un futuro. Ovviamente per "consolarci" non potevamo non fare una bella mangiata sconfinando nella vicina Slovenia, dove ci hanno raggiunto il papà e la sorella di Andrea. Rientro a Bolzano e mentre faccio la rotatoria di uscita dello svincolo Tolmezzo Carnia mi sembra di riconoscere Maurizio e Alessandro (di rientro dal Grossvenediger) fermi al bar posto sulla rotonda stessa, siamo un pò lontani ma vedo che si girano e alzano le mani, io ormai ho preso già lo svincolo e oltre a sbracciarmi ricambio il saluto con due colpi di clacson. Non torno indietro però perchè purtroppo ho ancora un pò di strada da fare.

lunedì 28 marzo 2016

Scialpinismo - Odla di Valdussa con discesa in Val Badia

Per la domenica di Pasqua c'è in programma un altro giorno di sole e di conseguenza una nuova gita. L'obiettivo è l'Odla di Valdussa, nota meta scialpinistica raggiungibile partendo da Santa Cristina in Val Gardena, salita accorciabile con gli impianti che portano al Col Raiser (e che abbiamo usato). La discesa riporta di norma a valle in Gardena, c'è però la possibilità avendo a disposizione due macchine di compiere una bellissima traversata dal gruppo delle Odle, scendendo da una forcella di cui ora non ricordo il nome e che porta giù fino a Longiarù nella bassa Badia. Optiamo per questa opzione. Dormiamo proprio a Longiarù, qui al parcheggio dove termina la strada lasciamo il California di Andrea e piusttosto stretti ci dirigiamo con la mia macchina verso Santa Cristina, previo caffè entrando a La Villa.
Presso gli impianti del Col Raiser lasciamo la macchina, pagando i soliti e alquanto irritanti 5 euro al solito sioretto che viene a batter cassa. Capiamo che se non fosse così probabilmente in una valle così turistica si arriverebbe all'anarchia ma è il principio che da fastidio, dovendo già pagare per gli impianti...vabè meglio non discuterne altrimenti si cadrebbe in politica che non è proprio l'obiettivo di questi blog. Giunti al Col Raiser scendiamo intercettando una traccia che porta al Rifugio Firenze, da qui partiamo verso l'Odla di Valdussa, facendo un pò un errore a tenerci alti, seguendo quella traccia che porterebbe poi alla forcella tra Sass Rigais e Furchetta, il chè ci costa uno sviluppo di avvicinamento maggiore della traccia per altro consigliata sulla relazione che sta in principio più bassa sulla destra del Rifugio guardando verso Nord.
Risaliamo il pendio che aumenta di pendenzaa giunti a 2500m sulla destra vediamo il conoide che porta alla forcelletta che dovremo risalire più tardi, per altro ocn evidenti tracce di passaggio. Il primo obiettivo però è quello di risalire tutto il pendio soleggiato per arrivare alla cima dell'Odla di Valdussa. Giunti al deposito sci pochi metri sotto la vetta, si prosegue per questa piedi. Sembra quasi di poter toccare le pareti Nord della Furchetta, mentre il panorama si apre verso la bellissima Val di Funes. Dalla vetta ridiscesi al deposito sci e calzati questi ultimi ci godiamo una bellissima discesa su neve perfettamente trasformata su un pendio privo di insidie di qualunque tipo che consente anche di spingere e tirare curvoni di soddisfazione in velocità. Purtroppo devo aggiungere una nota personale sulla condizione fisica: da quota 2500m fino alla cima iniziano ad attaccarmi i primi crampi, segno inequivocabile di una forma fisica tutt'altro che buona, il che mi costringe a rallentare molto la progressione. Stessa cosa per la risalita verso la forcelletta che ci riporterà a Longiarù. Movimenti lenti, crampi anche alle braccia e in particolare all'interno coscia sinistro. Non c'è da essere soffisfatti se penso invece a come ero in questo stesso periodo due anni fa...ma sono contento di poter godere lo stesso di queste gite...certo se le gambe tenessero di più, il divertimento sarebbe sicuramente maggiore, si sa. Discesa su neve non irresistibile tranne un breve tratto di polvere, per il resto tanta crosta, non della peggior specie ma non si può avere tutto.
Giunti alla base dei pendii intercettiamo la traccia che riporta senza quasi dover spingere ala strada forestale (già affrontata nel 2014 per il canalone Nord dell'Antersasc) che a sua volta riporta in dolce e costante discesa al parcheggio fuori Longiarù dove avevamo lasciato il furgone di Andrea. C'è solo dopo una birra di rito da guidare verso Santa Cristina in Val Gardena, per recuperare la mia macchina con dentro anche le scarpe di tutti i partecipanti! Finisce così un bellissimo WE di Pasqua. Il mio grazie va alla bella compagnia con cui ho condiviso questi momenti.