giovedì 27 agosto 2020
Škrlatica, Alpi Giulie - Via Normale
Quest'anno, Covid a parte, per tutta una serie di ragioni ho trascorso una parte delle mie vacanze in Friuli, mi sono concesso qualche giorno di mare e approfittando di alcune giornate splendide (ancorchè molto calde), mi sono concesso un paio di giri nelle mie Giulie. Dopo aver scalato per la seconda volta a distanza di poche settimane il Montasio, stavolta per la via normale, mi sono voluto dedicare a qualcosa di nuovo e una montagna in particolare mancava dalla mia lista da tempo: si tratta della seconda cima slovena, la Škrlatica, dopo Triglav e Montasio la terza fra tutte le Alpi Giulie.
La via che ho scelto per comodità è dalla Val Vrata, la stessa da cui solitamente si parte per affrontare il Triglav, la Škrlatica di fatto gli sta proprio di fronte. Gita lunga e selvaggia da vere Alpi Giulie.
Arrivo a Tarvisio la sera prima dopo una cena con amici a Latisana e dormo in macchina nel parcheggio del Despar appena oltre Dawit, la mattina di buon'ora ripercorrendo un breve tratto indietro vado proprio Dawit a fare colazione e mi faccio fare un panino. Monto in macchina e riprendo la strada per uscire dopo Fusine in Slovenia seguendo le indicazioni per Kraniska Gora, da qui ancora un pezzo in avanti per poi girare a destra ed entrare in Val Vrata. Percorro tutta la valle ed arrivo al parcheggio a ridosso dell'Aljazev Dom: c'è già molta gente, il parcheggio è decisamente ben popolato, del resto le condizioni meteo sono perfette e da lì si parte anche per il Triglav...ero sicuro che il mio obiettivo avrebbe attratto molte meno persone e non sono stato smentito.
Faccio velocemente lo zaino infilando un ricambio, l'acqua, il casco, l'imbrago e il kit da ferrata: come molte altre cime delle Alpi Giulie anche la Škrlatica è da considerarsi una gita soprattutto escursionistica evoluta: solo nella parte alta c'è la presenza di qualche tratto attrezzato e di semplici passi di arrampicata mai oltre il I grado. Vero è anche che i tratti attrezzati non sono da intendersi come "vie ferrate" in senso dolomitico: spesso in Slovenia si fa un largo uso di pioli ma non di cavo e sempre a settori discontinui laddove serve, bisogna quindi sempre considerare di dover fare qualche passo esposto in libera. Le vie normali di tante cime delle Alpi Giulie si pongono pertanto per quanto mi riguarda esattamente al limite tra l'escursionismo avanzato e un alpinismo facile: non mancano mai i bolli o le tracce, il terreno però è spesso poco addomesticato e richiede molta attenzione, i passaggi chiave sono facilitati dalle attrezzature, le difficoltà tecniche oggettive sono contenute.
Il cartello da 6h per la cima, ma io oggi voglio testare la mia condizione quindi non mi faccio remore e imposto un certo ritmo di salita: mai sopra il limite dell'affanno, ma senza pause e deciso. Il primo pezzo risale un sentiero che superato un bosco porta su terreno aperto verso il Bivak IV, senza raggiungere lo stesso si traversa a destra (direzione N/NE) passando sotto le pareti della Dolkova špica, perdendo anche un pò di quota, si risalgono quindi i ghiaioni sempre seguendo i bolli per iniziare a portarsi sulle pareti Sud della Škrlatica. Una cengia in buona parte attrezzata e a tratti esposta fa guadagnare la facile cresta S/SE che con qualche balza rocciosa e un pò di aiuto di mano fa in breve tempo guadagnare la vetta.
Sono partito alle 8 dal parcheggio, tocco la croce di vetta, prendo il cellulare e vedo che sono le 10:50...2h 50' per i 1700m abbondanti della via: sono contento, nonostante il caldo ho tenuto in bel ritmo. Durante la salita mi sarò imbattuto in 10-12 persone impegnate nella scalata, in vetta ce ne sono 3 e dopo di me poco dopo sopraggiungono tutti quelli che avevo superato. Non è una gara, ovviamente: ma il mio chiodo fisso è la condizione, sapere cosa posso chiedere al mio corpo per pensare anche a gite di un altro genere, dove la velocità spesso equivale a dire sicurezza.
Mi godo il panorama, il Triglav è di fronte a me e mi fa ricordare di tanti anni fa ormai (quasi 10) quando proprio agli inizi del mio percorso alpinistico ci ero stato lungo la via di Bamberga con dei colleghi/amici tedeschi: è stata una bella sensazione a distanza di anni ripensarci...intorno a me il panorama ruota intorno ad Italia, Austria e Slovenia: siamo in quell'angolo di Europa dove le tre maggiori culture (latina/germanica/slava) si incontrano...sono orgoglioso di essere cresciuto qui, in questo angolo di mondo che rappresenta di fatto un continente intero e che dopo tanto sangue e tanti scontri ora appartiene a tutti, dove non esistono più i confini che solo l'emergenza sanitaria legata al Covid aveva temporaneamente ripristinato.
La discesa non offre grandi cose da riportare perchè purtroppo si snoda sulla stessa via di salita: sempre con buon ritmo ma stavolta concedendomi qualche pausa per le foto...fa caldo! Arrivo a valle al rifugio alle 13:30, cioè 5h e mezza dalla partenza. Mangio una jota e mi scolo in men che non si dica una birra e 1 litro di acqua!
Riparto con l'idea di passare per il passo della Moistrocca perchè è da tanti anni ormai che non ci passo più, credo dal 2014, cioè dalla scalata allo spigolo Nord della Mala Moistrocca! ...e poi voglio anche fare un bagno nelle acque del Soca: la giornata sarà perfetta fino in fondo, per il giorno dopo ho idea di rifare il Mangart partendo da Fusine, questa volta gita già fatta, niente di nuovo, ma un altro test per verificare la condizione fisica (cioè altri 1800m di dislivello positivo!)...qualcuno potrà dire: ma per far cosa? Io mi limito a rispondere: "non si sa mai...a buon intenditore, poche parole!"
martedì 21 luglio 2020
Via di Dogna al Montasio
"Questo itinerario, con il quale si superano complessivamente circa 1900m di dislivello, è uno dei più lunghi delle Alpi Giulie. Le difficoltà tecniche sono scarse e discontinue, ma la grandiosità dell'ambiente, qui ancora eccezionalmente selvaggio, rende l'ascensione ben remunerativa nel suo insieme..."Sulla mia copia della "Guida dei monti d'Italia, Alpi Giulie", la pagina della via di Dogna è ancora segnata da un foglio di carta, un foglio messo lì quasi 10 anni fa quando, fresco fresco dei primi passi nel mondo dell'alpinismo, la mia attenzione subito vi era caduta, come tante vie e tante altre cime che l'impazienza dei miei 20 anni voleva subito conquistare. Nessun mistero che di per sè questa montagna in particolare sia sempre stata per me quasi una calamita: il canalone Findenegg è stato la mia prima "impresa" in solitaria nell'autunno del 2011, giorno che ricordo ancora con grande emozione...canalone che avrei ripetuto già prima di quest'ultima volta anche in invernale. Con il passare del tempo l'interesse non è che fosse svanito, ma vi si erano sovrapposte tante altre cime e tante altre gite. In realtà non so nemmeno come con Andrea così di colpo e quasi per caso, parlandoci al telefono in una normale sera estiva, viene nominata quella via e la domanda "perchè non la facciamo finalmente?", è stata naturale ed immediata: del resto siamo a digiuno di difficoltà importanti su roccia da tempo, ma conosciamo quell'ambiente, le Alpi Giulie e siamo di default allenati cosicchè il dislivello importante non ci pare minimamente un problema e i passaggi di arrampicata con tanto II e qualcosa di III non ci fanno sospirare...forse ce lo diciamo è proprio questa la via giusta per riprendere il feeling con la "parete". Domenica mattina 6:15 partiamo da Udine anzi ufficialmente da Plaino dove mi trovo con Andrea e con destinazione i piani del Montasio per lasciare la mia macchina. Dopo una veloce colazione al rifugio Divisione Julia a Sella Nevea, scendiamo e ci addentriamo quindi in Val Dogna con l'auto di Andrea per intercettare la cappelletta dedicata al col. Zacchi e quindi l'inizio dell'avvicinamento. Non ho motivo di riportare una relazione tecnica dell'avvicinamento e della via, per quello si possono tranquillamente consultare il Buscaini o la relazione di "Quarto Grado", pertanto mi limiterò alle impressioni durante la salita. La strada della Val Dogna che termina a Sella Sompdogna qualche km dopo il punto dove lasceremo la macchina, per me è un mistero. L'ambiente è selvaggio e la natura (come spesso si osserva sulla Giulie) repulsiva: pendii ripidi, scoscesi, vegetazione e pareti rocciose incombenti, non un pascolo, frane ovunque...un paesaggio severo non addomesticabile ma allo stesso tempo autentico: pochi i segni di umanità, qualche "paesino" dai nomi impronunciabili, un viadotto abbandonato. Ci pare quasi che l'unico senso che ha quella strada sia quello di permetterci l'accesso alla nostra tanto agoniata meta. Parcheggiamo la macchina, ci mettiamo in movimento poco dopo le 8:20, dalla già menzionata cappelletta, scendiamo la forestale (indicazioni Via Dogna) e oltrepassiamo il torrente Dogna e seguiamo la forestale ignorandone i bivi, dopo una radura e una curva a sinistra su un masso compare ben visibile (e visibilmente rinnovato da poco) l'indicazione "Via Dogna", da qui si risale un bosco di faggi con evidenti segni di passaggio e bollini rossi talora sbiaditi talora più nuovi: da dopo che il bosco si dirada la traccia rimane comunque evidente per via dei numerosi ometti e di qualche segno rosso qua e là e piano piano ci si addentra nella Clapadorie su terreno a volte franoso in un lungo traverso con diversi sali scendi, mughi, erba e roccia, talvolta esposto ed insidioso. Si deve abbandonare questa traccia su cengia in corrispondenza di un ultimo evidente canale di acqua, oltre il quale la traccia sembra continuare: il riferimento è il culmine dell'incombente parete gialla strapiombante sulla famosa "rampa", se si prende quella come riferimento diventa relativamente facile capire quando deviare decisamente a sinistra per risalire una paretina di gradoni che fa guadagnare una traccia sul margine di una grande macchia di mughi sottostante e che in diagonale sinistra conduce al bivacco Muschi (ci abbiamo messo 2h30' contro le 3-4h solitamente indicate). Dal bivacco inizia l'arrampicata vera e propria sulla caratteristica rampa, ci siamo legati ma salvo il primo passo e un tiretto dopo l'uscita sullo spigolo della rampa abbiamo affrontato la scalata sempre a corda corta con difficoltà discontinue e innumerevoli possibilità di passaggio, tendenzialmente siamo rimasti sul settore sinistro della rampa per poi deviare verso destra in uscita della stessa. Finita la rampa si esce fuori sullo spigolo della stessa, rinveniamo 2 ometti e percorriamo una cengia erbosa sul settore sinistro, poco prima del termine della stessa effettuiamo un tiro di 50m risalendo la parete appoggiata a dx (visibili 2 spit con un cordone nero dopo un 10-15m). Usciti dal tiro mancano diverse decine di metri di dislivello su terreno impervio e ripido per ricollegarsi alla traccia della via Amalia che però è ben visibile: riconosciamo l'inconfondibile profilo della sfinge del Montasio e il Belvedere. Per arrivare al Suringar si segue la stessa (bolli rossi) evitando tracce più basse e non segnate che portano fuori via. Dal Suringar si percorre un tratto della grande cengia fino alla deviazione (a SX) per il canalone Findenegg che si risale potendo fare affidamento anche ai numerosi bolli rossi. La cima è avvolta in una nuvola che non vuole spostarsi quindi purtroppo per noi canalone/cresta e cima li affronteremo con bassa visibilità. La gambe iniziano a sentire il peso del lungo tragitto, ma arriviamo in cima e ci rendiamo conto di averci impiegato 5h30' dalla macchina: un tempo decisamente basso, il che ci rallegra perchè nonostante le occasioni sempre più rade e nonostante la modesta attività estiva su roccia, ci fa sentire ancora una cordata affiatata. Non ci tratteniamo a lungo su, sarebbe stato bello ma il panorama lo possiamo solo immaginare, quindi seguendo la cresta lungo la via normale arriviamo alla scala Pipan che scendiamo e quindi dopo un altro pendio franoso arriviamo alle rocce ed infine ai ghiaioni. Qui si impone l'immancabile corsa dei ghiaioni, una highlight imperdibile e sempre remunerativa: correndo giù dai ghiaioni raggiungiamo anche 2 ragazzi che erano sulla Dogna oggi e che avevamo visto oltre la metà della rampa quando eravamo giunti al Muschi: conversiamo piacevolente scendendo insieme verso Malga Montasio e il parcheggio dove ci salutiamo. Il resto della serata è stato l'immancabile polletto al "buon arrivo" a Resiutta e il recupero della macchina di Andrea in Val Dogna, oltre al lungo rientro su Bolzano. Per me è la quarta o quinta volta su questa montagna, però per una via diversa e per la prima volta in estate! Un viaggio nel cuore del lato più severo e selvaggio delle Giulie Occidentali, una giornata fantastica!
mercoledì 21 agosto 2019
GIOVEDì 15 Agosto / VENERDì 16 Agosto - Lora/Udine
Mi sveglio con calma ignorando la sveglia intorno alle 8.00: avevo bisogno senz'altro di recuperare e faccio colazione e penso al da farsi...due giorni mi ci vogliono per rientrare in Italia e la mia idea era di essere a Bolzano nel Lunedì in modo da avere tempo tra Lunedì sera e Martedì di mettere a posto tutto, quindi i casi sono due: o vado a Berlino lo stesso o vado in una città interessante sempre in direzione Sud o mi invento altro.
Mi passano per la testa Copenhagen e Amburgo ma mi chiedo se valga veramente la pena di andare lì, dover spendere dei soldi per una toccata e fuga: in entrambi i casi avrei due giorni scarsi. Ci ho pensato un pò sù e mi sono convinto che forse la cosa migliore sarebbe stata chiudere le vacanze con due giorni al mare: d'altra parte avrei anche trovato mio fratello a Lignano che non vedevo da tempo e quello che mi ero prefissato di fare in Norvegia lo avevo già fatto, quindi senza indugi decido per il rientro, che comunque consta ancora di due giorni pieni di automobile e che poteva farmi arrivare al mare Sabato in mattinata se avessi tenuto ritmi umani.
Ma a quel punto decido anche che vale la pena di fare lo sforzo di guidare ad oltranza per arrivare giù già Venerdì sera e guadagnare così tempo prezioso...e così ho fatto!
Lascio l'area parcheggio che mi ha ospitato per la notte verso le 8:30 e salvo la benzina e il caffè guido ininterrottamente fino a Rodbyhavn, dove posso prendere il traghetto per la Germania, mi fermo solo una volta per la benzina e per spendere le ultime corone per della cioccolata un caffè e la Redbull in Norvegia, poi niente più pause: arrivo alle 22.00 al molo e il traghetto successivo parte in meno di 20 minuti (se non mi ricordo male l'orario ma era giù di lì).
Della giornata posso riportare solo un video con i pensieri conclusivi sull'esperienza vissuta, un'ora buona di coda per superare Göteborg e la grande emozione nello riattraversare il ponte sull' Øresund, di cui ho anche girato un video.
Ho tempo mentre aspetto di farmi un bel panino con l'aringa che avevo comperato, del cetriolo e del formaggio e lo mangio avidamente, non avevo avuto altro per tutto il giorno! Sbarco e decido di guidare ad oltranza, faccio il pieno e mi apro la Redbull: non voglio rimanere imbottigliato nel traffico tedesco il giorno dopo e sono ancora a più di 1400km da casa, quindi ci metterei non meno di 13 ore il giorno seguente per arrivare a destinazione e arriverei quindi tardissimo...Decido di continuare a guidare: passo Amburgo e mi dirigo verso Hannover,alla fine mi fermo per dormire in una stazione di servizio sull'autostrada A2 appena a Sud Est di Hannover, sono le due di notte!
Ma così facendo mi restano "solo" 1100km da fare il giorno dopo. Riparto presto, prendo solo un caffè alla stazione di servizio non appena apre alle 6 di mattina e mi rimetto in viaggio: nonostante abbia guadagnato tempo e chilometri e sia ancora presto mi si impone una deviazione importante per non rimanere imbottigliato nel cantiere trappola sulla A9 a Nord di Norimberga, già all'andata lo avevo evitato facendo la A93 perchè avevo sentito di code chilometriche ma questa volta sono stato più sprovveduto e ho deviato in un punto meno propizio, non sono rimasto imbottigliato nel traffico ma andando per Ratisbona mi sono trovato a dover percorrere poi lunghi tratti di Bundesstrasse fino a Salisburgo!
Meglio comunque che rimanere incolonnato per 2h in autostrada (questo era il ritardo che annunciavano alla radio). Entro in Austria e a quel punto di stratta di fare l'autostrada a me ben nota che passa i Tauri e sbuca prima a Spittal an der Drau e poi passa per Villacco: arrivo quasi al Kreuz Villach e mi si impone una sosta caffè, perchè mi sento ancora una volta esausto ma la buona notizia è che sono le 18.00 e che quindi posso tranquillamente essere a Udine per cena.
A Udine in realtà farò solo una piccola sosta perchè a quel punto dopo aver telefonato con mio fratello, lui mi convince a continuare il viaggio fino a Lignano per cenare insieme e tutto sommato si trattava di aggiungere un'oretta scarsa al mio viaggio. La sosta a Udine per prendere la griglia a casa che avrei usato la sera dopo è comunque il punto ideale di conclusione del viaggio, perchè da lì era iniziato. Fermo la macchina davanti al portone che è anche chiuso, quindi devo scendere in ogni caso per aprirlo, ma colgo l'occasione anche per fare la foto al contachilometri 9872.9 che però posso tranquillamente arrotondare a 9873 per via di essermi ricordato di azzerare il contachilometri stesso al viaggio di andata solo quando era già arrivato al semaforo in fondo a via Superiore!
Finisce questa avventura,è stata un'esperienza bellissima che sicuramente ripeterò.
MERCOLEDì 14 Agosto - Trondheim/Atlanterhavsveien
Al mio risveglio il meteo è esattamente come lo avevo lasciato, nuvoloso e bagnaticcio, è ancora una volta prestino: alle 6:30 ho la sveglia puntata ma come sempre tendo ad essere in anticipo anche se a volte, come oggi, proprio di pochi minuti.
Faccio colazione, mi lavo i denti e senza indugio mi dirigo verso la città. Vi entro e trovo parcheggio sopra la stazione degli autobus che si trova adiacente a quella dei treni.
Qui in realtà perdo molto tempo per pagare la sosta: ci sono due colonnine automatiche che differiscono in effetti un pelo l'una dall'altra, punto a quella di destra ma inspiegabilmente rifiuta la mia carta, allora non vedendo alternative e non avendo corone con me penso subito di scaricarmi l'ennesima App per il parcheggio, questa è proprio della città di Trondheim e basta e provo a registrarmi. Non esiste nemmeno la versione in inglese ma in qualche modo ce la faccio facendo leva sul fatto che il norvegese scritto spesso non è poi così diverso dal tedesco (diverso è il discorso per il parlato!), solo che creato l'account, non mi prende comunque la carta di credito.
A questo punto sono un pò interdetto: penso che l'unica soluzione sia andare a prelevare, faccio una corsa al bancomat più vicino che dista un 3-400m e torno con 600 corone che mi basteranno per il parcheggio e gli ultimi extra. Tornato alle colonnine però per scrupolo provo quella di sinistra che in effetti più assomigliava a quelle che avevo visto e usato fin'ora, inserisco la carta, il numero di targa e il tempo di permanenza...e la carta viene presa correttamente! Quindi terza morale del viaggio: stai tranquillo e vaglia tutte le soluzioni prima di prendere decisioni affrettate!
Vabbè, mi ridirigo verso il centro che in fondo è delimitato su tutti i lati tranne quello occidentale da dei canali quindi è racchiuso e molto semplice da girare: faccio un primo giro ma è presto sono le 8 di mattina e diverse attività commerciali/turistiche devono ancora aprire, decido quindi di tornare sulla strada che dal parcheggio riportava in centro la Søndre gate, perchè avevo visto un caffè simpatico il Café Le Frere su cui era anche apposto il cartello con la scritta "probably the best espresso in the world"...ovviamente penso subito da buon italiano che dovevo andare a verificare di persona, solo che non avevo voglia di un espresso bensì di un cappuccino e di un pò di acqua.
Entro e ci saranno stati 3 avventori al massimo e un ragazzo dietro al bancone, la macchina da caffè era una mitica E61 di FAEMA. Saluto e indico un tavolo, il barista mi pare faccia appena un cenno, ma non dice altro. Mi aspetto che venga a chiedermi cosa desidero, non avevo visto scritte di nessun tipo come "ordinare al banco" ma lo vedo alquanto preso dalla preparazione di dolci a base di pasta lievitata e penso di lasciarlo in pace a finire quel lavoro: in fondo non ho fretta, anzi ne approfitto e me ne vado in bagno, torno sù ma lui non accenna a volermi servire alchè il dubbio mi viene, ma lui da buon nordico non dice nulla per avvisarmi che sarei dovuto io andare al bancone. La cosa ridicola è che il locale era sì e no di 30-40m quadri e non c'era quasi nessuno e io e lui ci trovavamo a 3-4m di distanza in linea d'aria.
In quell'istante entra una ragazza, si avvicina e ordina mentre già inserisce la carta di credito nel lettore per pagare e lui la serve subito...e ovviamente lì ho capito tutto! Aspetto che abbia finito quindi mi alzo e ordino pure io e a quel punto vengo servito: cappuccino e bottiglietta d'acqua frizzante per 84 corone (Ah giusto: 1 corona equivale esattamente a 0,10euro, quindi 8,40 euro di consumazione!). Posso confermare: la Norvegia costa...costa e basta!
In compenso mi arriva un cappuccino da 10 e lode: il caffè buono, la schiuma ottima e anche disegnata con un bel motivo a fiore...e penso a quanto sia difficile in Italia, dove ci consideriamo i cultori del caffè A) Bere un caffè decente, e B) Bere un cappuccino o una qualsiasi cosa con latte schiumato con una schiuma decente.
Credo che noi italiani siamo in questo come in altre cose troppo autocelebrativi: il nostro Design è il migliore, il nostro cibo è il migliore, le nostre città sono le più belle, che siamo unti dal Signore con la creatività e il talento e l'amore per il bello...Sarà...ma io sono di tutt'altro avviso: abbiamo diverse cose buone, ma dovremmo essere tutti molto più umili! Tanto per cominciare mi riprometto di scrivere su questo blog del prossimo cappuccino decente che berrò in patria: ma sono sicuro che dovrò aspettare molto e probabilmente per averlo dovrò pagare quanto ho pagato in Norvegia!
Me ne esco di nuovo, non sopo una seconda visita ai servizi, già che c'ero le occasioni vanno sfruttate!
Vedo la cattedrale gotica più importante della Norvegia, da qui e da Trondheim partono innumerevoli Sentieri del Pellegrino quasi tutti dedicati a San Olav cioè Olaf II il santo, che fu re di Norvegia e la cui statua troneggia anche qui in città nella piazza principale che per mia sfortuna è un cantiere enorme che si concluderà l'estate del 2020.
Giro in lungo e in largo tutte le simpatiche vie del centro comprese quelle che costeggiano i canali e mi dirigo verso il porto dove ho letto esserci un "mercato del pesce". La mia delusione è abbastanza grande quando capisco che in realtà si tratta di una pescheria con servizio take away e con posti a sedere per ordinare a la carte, altro che mercato.
Compro degli hamburger di pesce, aringa, merluzzo e salmone uno per ciascuno e anche un'aringa affumicata, poi per fare dei regali prendo anche 4 pacchetti di snack a base di merluzzo essiccato (sembrano delle chips ma ora che le ho assaggiate smentisco, sono solo pezzi di pesce secco e stopposo anche se saporito) e 3 pacchetti di sale artico pensando così di liberarmi delle corone a questo punto inutili che ho prelevato: quando vedo il commesso batterli alla cassa e vedo il conto salire vertiginosamente mi si gela quasi il sangue, sì perchè per quelle 4 cazzate messe in croce, lascio in quel posto maledetto la bellezza di 75euro!!!! Un pacchetto di sale da forse 100g. sono 14 euro!!!!!!! Maledizione ma ormai è troppo tardi e poi mi dico, vabbè in fondo fin'ora ho speso poco e almeno una trappolata per turisti fa parte di qualsiasi viaggio che si rispetti!
Si è fatta l'una tra una cosa e l'altra e davanti a me ho una giornata ancora lunga: ora c'è il sole e per il giorno dopo il meteo è più incerto quindi senza esitare inizio il mio viaggio verso Kirstiansund, che è quasi la porta per la strada dell'atlantico cioè "Atlanterhavsveien", una strada che collega 18 isolette che dividono il Kvernesfjorden dal mare aperto e famosa per le sue intemperie e i suoi ponti arditi.
Il pedaggio costa per auto e per una persona 102 o 104 corone cioè 10 euro diciamo. La strada è lunga 8km e deciso di percorrerla per la sua interezza in enbrambe le direzioni: all'andata vado verso Vevang senza soste e registro un video continuo grazie alla fotocamera sul Minitraveller che ho posizionato sul cruscotto. Al ritorno mi fermo nei pressi del mitico ponte curvo, un ponte che sfida la forza di gravità ma che in realtà è più impressionante nelle costruite e volute inquadrature fotografiche che nella realtà e poi faccio ulteriori soste verso Vevang fermandomi di quando in quando a vedere gente comune che armata di canna da pesca insidia i merluzzi dai ponti (tentazione che è venuta anche a me, ma mi sono detto meglio di no che se per disgrazia prendo qualcosa poi non so cosa farmene!) o a godermi il paesaggio e fare fotografie.
Un'area di sosta libera mi invita a fermarmi per una sosta prolungata e faccio anche merenda. Nel frattempo sono in contatto con Stefania, una mia ex compagna di classe del liceo che vive a Berlino, perchè la mia idea è quella di chiudere il viaggio con un we nella capitale tedesca, dove 9 anni fa ho vissuto per quasi 4 mesi e che è stata la porta per la mia avventura di vita e lavoro in Germania.
Purtroppo quella sera stessa Stefania mi dice che ha un problema personale che la costringe a rientrare di urgenza in italia, quindi mi trovo senza un piano. Avevo in testa che avrei comunque passato la notte di Giovedì in Norvegia ma che poi nel Venerdì avrei guidato per raggiungere Lubecca e nel sabato mattina sarei arrivato a Berlino, ma ora tutto va ripensato.
Faccio mente locale sulle alternative: mi passano per la testa diverse cose ma non trovo ancora risposta. Verso sera comunque mi sposto verso l'interno della Norvegia sempre lungo la E6, ho anche ancora un traghetto da prendere. Guido fino ad un'area di sosta di cui non ho segnato la posizione (del resto non era neanche molto meritevole e aveva pure i bagni peggiori che ho trovato fino a quel momento!) ma poteva essere dalle parti di Lora, perchè mi ricordo che ero a poco meno di 200km da Lillehammer.
Vado a dormire alquanto stanco e mi riprometto di decidere il giorno dopo il da farsi.
MARTEDì 13 Agosto - Bognes/Trondheim
Oggi lunga giornata di viaggio davanti a me! Il mio programma prevede di arrivare in serata a Trondheim tramite la E6, che è il percorso più veloce: 790km da dove mi trovo da farsi però in più di 11 ore! Questo per via del tipo di strada e dei limiti di velocità imposti che sono generalmente di 80km/h fuori dai centri abitati salvo dove specificato diversamente!
Parto di buon mattino subito dopo la colazione ma oggi ho anche un'altra necessità fisica: devo assolutamente trovare un fiume per fare una doccia! Dall'ultima è passato del tempo ormai e nei giorni precedenti avevo anche sudato copiosamente per via di tutte le camminate fatte!
Ma sono fiducioso che dal momento che mi trovo sulla terraferma ci siano per forza bei fiumi di cui poter approfittare...e infatti non mi sbagliavo! Il Luonosjåhkå è il fiume perfetto! Acqua cristallina e proprio sulla E6: trovo un'area di sosta vicino ad un ponte sul fiume che mi assicura un facile e veloce accesso. La mia tecnica è ormai collaudata: armato del solito mastello, del thermos, del sapone biodegradabile, dell'asciugamano e questa volta anche del sacco con i vestiti sporchi, mi dirigo sicuro verso le sue sponde contento come non mai!
Mi trovo praticamente all'altezza di una località che si chiama Drageid.
La doccia e il bucato sono perfetti: quanto ne avevo bisogno!!! Ritorno alla macchina e appendo le cose ad asciugare: lo stendino improvvisato è costituito da un cavo elastico teso tra le due maniglie passeggero posteriore delle portiere, quelle che si richiudono a molla per intendersi. Riprendo la marcia finalmente nuovamente in sintonia con il mio corpo e i miei vestiti! Quante volte ci dimentichiamo di quanto poco basti per essere felici: quando ti vengono a mancare le piccole comodità di ogni giorno e di colpo le ritrovi, le apprezzi ancora di più.
Riparto e ho la chiara sensazione che sto salendo di quota: la vegetazione si fa ancora una volta più rada e ad un tratto un centro visitatori sulla strada segna il limite del circolo polare artico posto per convenzione a 66°33'39" N. Mi fermo solo per una foto veloce, non perchè meriti, ma perchè è un punto significativo, la strada è molto bella ma il limite di 80km/h e la quasi totale assenza di traffico mi porta ad usare il cruise control, il che facilita e di molto l'effetto sonnolenza, anche il meteo peggiora a tratti e piove qua e là anche relativamente forte.
Ormai ho percorso dall'inizio dell'avventura abbondantemente i 6000km di viaggio e complici anche le sfacchinate dei giorni precedenti dove si può dire che abbia sfruttato appieno gli effetti del sole di mezzanotte, mi sento alquanto stanco. Mi trovo quindi costretto a fare ben due pause di riposo puntando anche la sveglia e, senza vergogna alcuna, parcheggio nelle aree di sosta che trovo (entrambe molto belle in riva ad un bel fiume) e senza scendere nemmeno dalla macchina mi sposto come un contorsionista dal sedile di guida alla mia "zona notte". Tra l'altro prospettando un giorno di guida dopo la doccia mi sono anche messo direttamente i pantaloni della tuta che sono anche il mio pigiama, quindi non devo neanche cambiarmi.
La riserva di acqua bollente che ho nel thermos è una benedizione perchè posso farmi facilmente un caffè e bevuto quello mi faccio anche un mate che continuo a sorseggiare di quando in quando. La giornata passa anche se non velocemente, più mi avvicino a Trondheim, più la bella strada E6 rallentata spesso da tanti cantieri, ma comunque selvaggia che corre tra boschi e montagne, lascia lo spazio ad uno scenario decisamente più noioso ed urbano: campi coltivati e un susseguirsi di paesini più o meno grandi segnano di fatto l'avvicinarsi di una città importante che di fatto con i suoi quasi 200.00 abitanti è la terza o la quarta città più popolata della Norvegia.
Ha fatto ormai sera e trovo un'area di parcheggio a 38km da Trondheim, mi trovo presso Kvithammer proprio ad un'uscita dell'autostrada: non voglio neanche rischiare di avvicinarmi di più alla città per poi non trovare più niente ed essere quindi costretto a fare retromarcia, inoltre è tardi e sono stanco quindi senza battere ciglio lascio la E6 e parcheggio. L'area è molto ben servita: toilette e tavoli con pergolato mi permetterebbero di mangiare al coperto nonostante fuori piova, ma io non ho nessuna intenzione di scendere e preferisco cuocermi la cena seduto con la portella del bagagliaio aperta.
Stasera ho un piatto perfetto in busta perchè potrebbe essere mangiato anche freddo: riso con lenticchie e verdure, ma preferisco comunque scaldarlo in padella e arricchirlo con una scatoletta di tonno! Finita la cena si impone comunque una visita ai servizi, non fosse altro che per lavarmi i denti! Per fortuna in quel momento aveva smesso di piovere!
Avevo comunque trovato un modo ingegnoso che mi consentiva di tenere i finestrini un pò aperti scongiurando allo stesso tempo l'ingresso di acqua grazie ad un telo nero di nylon che avevo comperato alla Decathlon: bloccavo il telo su ambo i lati della macchina sfruttando le portiere e questo mi creava un tettuccio che mi consentiva di tenere aperti i finestrini quei 4-5cm necessari per un adeguato ricambio d'aria! Insieme a me ci sono un paio di camionisti, e qualche altro tra minivan/camper e roulotte...La location non è bucolica, ma è tranquillo, servito e del resto non si può sempre avere tutto! Vado a dormire distrutto dall'estenuante guidata! Per la prima volta dopo diversi giorni fa veramente buio!
LUNEDì 12 Agosto - Hermannsdalstinden/Bognes
Sono le 6 di mattina mentre mi accingo a fare colazione qui al parcheggio presso Å i Lofoten: dormono ancora tutti ma fuori è già giorno. Oggi il mio programma prevede la gita più lunga di tutte quelle fatte fino a questo momento, la salita all'Hermannsdalstinden. Il meteo al momento è variabile tentente al coperto, ma secondo le previsioni dovrebbe diventare bello.
Senza troppi indugi poco dopo le 7 mi metto in cammino e percorro a piedi prima la breve galleria che divide il parcheggio dalla E10 quindi resto sulla strada principale passo Tind e arrivo a Sørvågen.
Da qui punto al parcheggio da dove partono i sentieri ben segnalato e impossibile da non vedere. C'è diversa gente a giudicare dalle auto e dalle tende presenti ma solo una compagnia di polacchi si accinge a fare colazione mentre tutti gli altri dormono ancora. Io sfilo via veloce e con ritmo via via crescente inizio la salita a tratti dolce a tratti appena più ripida che in 5km circa mi porterà ad un rifugetto che si chiama Munkebu, arrivo lì alle 8:45 circa. Mi fermo per bere un sorso d'acqua: da qui l'Hermannsdalstinden è ben visibile, il sentiero scende una dorsale che divide due laghi (Fjerddalsvatnet a Sud e Tennesvatnet a Nord) mentre all'orizzonte spunta una montagna sullo sfondo che ha praticamente la stessa forma dell'Halfdome di Yosemite.
Si risale la stessa dorsale sul lato opposto per sbucare su un altro bacino Krokvatnet a quel punto si costeggia questo bacino sulla dorsale che lo divide dal precedente il Tennesvatnet e si passa davanti anche ad un paio di casette, qui noto che c'è qualcuno che ha campeggiato e che si sta preparando per salire...ma io sono ancora davanti a tutti e accelero perchè ho tutta l'intenzione di avere la cima solo per me. La salita si fa ora un pò più faticosa, più ripida e a tratti più esposta, un tratto è assicurato da corda e catena, il terreno è costituito da rocce lisce ma ricoperte di terra il che rende impossibile risalire senza ricorrere alle attrezzature presenti su cui di fatto a tratti è obbligatorio tirarsi letteralmente sù. Il pendio segue di fatto la larga cresta sud-est e conduce alla vetta, il sentiero è ben visibile e ben segnato con omini e con bolli rossi, l'ultimo pezzo richiede l'utilizzo delle mani per aiutarsi, senza però poter parlare di vera arrampicata.
La cima è costituita da grossi blocchi granitici, quello culminante può ospitare al massimo 1-2 persone (strette) ed è molto esposto, motivo per cui ero ben contento di essere lì da solo: ho tutto il tempo per riposarmi rifocillarmi e fare tutte le foto che voglio. Sono le 10.30 quindi sono salito in poco meno di 3h e mezza...un gran dell'andare perchè è come dire di aver tenuto quasi i 4km/h di velocità media! In effetti mi riprometto di prendermela più comoda al ritorno, per godermi un pò il panorama.
Il panorama è veramente spettacolare. Lo sguardo cattura contemporaneamente elementi che difficilmente si vedono insieme: roccia, prati, fiordi, mare, laghi, neve, tutto nello stesso campo visivo. Il tempo è variabile ma tendente al diventare anche più bello. Questa cima ti porta quasi a picco sul lato settentrionale dell'isola: lato completamente disabitato e senza infrastrutture, non una strada, non una casa, su questa isola solo il lato meridionale è urbanizzato.
La mia soddisfazione è grande, con un pò di difficoltà perchè mi sarei voluto trattenere più a lungo dopo una mezz'oretta decido di scendere, anche per trovare riparo dal vento sferzante e pungente: in cima avevo il piumino, la bandana e la fascia invernale da scialpinismo, all'altezza del rifugio Munkebu sulla sua via del ritorno mi sono messo a torso nudo! Differenza di temperatura pazzesca! Scendendo a 30-40 minuti dalla cima trovo la prima coppia intenta a salire e più giù altri due gruppetti che mi hanno anche chiesto indicazioni e tempi, arrivato al rifugio era finita la mia "lonelyness", da lì in poi c'era decisamente tanta gente, ma io il mio premio lo avevo già avuto!
Arrivo sulla costa e mi dividono dalla macchina gli ultimi 2-3km fa caldo ci sono almeno 22-23 gradi ma lo sbalzo termico che avevo alle spalle era stato considerevole (non ho potuto misurare la temperatura ma in cima di gradi secondo me ce ne erano senz'altro meno di 10), e inizio a sognare una bella bibita ghiacciata e perchè no anche un gelato, desiderio che riesco ad appagare al chioschetto di souvenir presso il parcheggio dove ho lasciato la macchina, proprio ad Å.
Mi cambio e mi godo il premio mentre intorno a me c'è un gran trambusto e un gran viavai di persone, il parcheggio è ora pieno e la lingua più parlata di tutte sembra proprio essere l'italiano!! Altra piccola indicazione: le visite migliori anche ai paesini si fanno al mattino presto a alla sera! Non oso immaginare a quell'ora (erano le 14:30 di pomeriggio) quanta gente si aggirasse per Å...
Rifocillato mi rimetto in viaggio, decido di non prendere il traghetto che da Moskenes porta a Bodø ma di prenderlo più avanti presso Lødingen per due motivi: il costo e per poter vedere di nuovo riattraversandole tutte queste isole magiche, dove le montagne irte e aguzze sembrano proprio uscire dal mare.
Lungo la E10 appena dopo Reine e tornando indietro verso Svolvær c'è il villaggio di Hamnøy, forse uno dei villaggi più fotografati delle Lofoten e che per inciso fa anche da copertina alla guida Lonely Planet sulla Norvegia...il motivo? Una bella baia con diversi Rorbuer sulle loro palafitte sulla scogliera e sullo sfondo una montagna prominente e verticale così compatta da sembrare un gigantesco masso piantato nel terreno. Non mi sono fermato a fare la foto perfetta: il motivo è semplice, la foto si fa praticamente dalla E10 e a quell'ora in quel fazzoletto di terra c'era letteralmente il delirio di persone tutte a cercare di poter fare quella foto. Quindi sebbene possa nutrire un pelo di rimpianto ora per non aver voluto fare quello scatto, beh in quel momento ho pensato che stavo meglio all'idea di proseguire e basta!!
Dopo tutti i bei momenti di quiete che mi aveva regalato la montagna in quella mattinata, mi sembrava di essere su un altro pianeta e quindi ho tirato dritto. Riattraverso tutte le Lofoten chiedendomi se fosse il caso di fermarmi una notte ancora ma so che ho tanta strada da fare davanti a me e non posso tenermi i giorni troppo contati altrimenti mi ritroverei obbligato a coprire grandi distanze in poco tempo e senza molte pause da lì in poi, pertanto punto diretto al traghetto e quindi arrivo a Lødingen.
La traversata che porta a Bognes è molto bella, ho tutte le Lofoten davanti a me, con il sole che già non si vede più ma che brucia da dietro le cime. Penso che se fossi stato stasera nel posto di due sere fa avrei avuto un altro tramonto perfetto, ma non lo rimpiango troppo: in fondo un tramonto perfetto già lo ho avuto e chiederne due a pochi giorni di distanza forse è chiedere troppo! Forse di uno ci si ricorda di più che di due e con ancora più piacere!
Dormo in uno slargo su un bel punto panoramico un pò più in quota appena più a Sud di Ulvsvåg. Visto che sono stato bravo per tutto il viaggio e viste le notevoli performance atletiche poco prima a Svolvær avevo deciso di investire 3 euro per una lattina di birra, quindi quella sera intorno alle 22:30 mi faccio una cena veloce con due uova, pane formaggio e cetriolo...e una bella birra fredda! Forse la birra più buona del mondo, ancora una volta un pò come la mia prima mela del viaggio! BUONANOTTE :)
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