venerdì 30 dicembre 2016

Invernale allo Jof di Montasio, via Findenegg

Quando l'anno ormai è agli sgoccioli e ripenso alle cose fatte e non fatte, ai successi e ai bocconi amari, all'alternanza dei momenti di stress e quelli di gioia... Penso anche, purtroppo, a quanto poco c'è stato da raccontare in questo 2016 di vie, cime e discese: un anno magro, il peggiore dall'inizio della mia "carriera alpinistica"... Proprio quando mi ero convinto che oramai valesse la pena di aspettare e girare pagina, pensando che "l'anno prossimo andrà meglio", proprio in quel momento si concretizza la possibilità di concludere in bellezza con una Signora gita.
"...Per quante montagne abbia visto, niente eguaglia le Giulie..."
E anche se questa celebre frase di Kugy non possa non celare una giusta vena di orgoglio per quelle che più di tutte sono state le Sue montagne, quelle che ha esplorato, quelle che ha raccontato e romanzato nei suoi scritti, non posso che condividerla e sentirla un pò anche mia. Le Alpi Giulie sono magiche, severe, aspre, candide, selvagge: le Dolomiti ti entrano nel cuore, le Giulie entrano prima nella pancia. Le Dolomiti significano bellezza, le Giulie esprimono istinto...e l'istinto è quello che ci riporta a essere naturali, non costruiti, semplici e ci spoglia da tutta quella sovrastruttura a cui il mondo moderno ci ha abituato e ci richiede. Per questo non poteva esserci modo migliore per riprendere a parlare di Alpinismo, dell'idea di scalare lo Jof di Montasio in inverno. Per me è la terza salita, la seconda facendo l'anello Findenegg-Normale... e dopo due salite in autunno inoltrato, arriva la soddisfazione e sopratutto la magia della stagione fredda.
Partiamo da Udine poco dopo le 5.30, io, Andrea e Marika direzione Sella Nevea e poi sui Piani, parcheggiamo, il sole non è ancora spuntato ma intorno è già chiaro, l'aria è fresca ma non veramente fredda, il cielo terso. Risaliamo verso il Rifugio di Brazzà e prendiamo la traccia che traversando per prati porta alla Forca Distreis. Il sole inizia ad accendere di rosso la cima per poi arrivare fino a noi. Dalla forca iniziamo a traversare il ghiaione per poi lasciarlo (indossiamo ramponi e imbrago) e puntare direttamente alle pareti per guadagnare quota e iniziare a risalire le gradinate che ci condurranno alla Grande Cengia. La Torre Distreis che aggireremo esternamente ci indica il percorso, fin qui tutto bene, la progressione è agevole, neve perfetta alternata a roccia e sfasciumi. Dopo la Torre Distreis inizia la cengia e qui iniziano le prime difficoltà, o meglio le maggiori attenzioni. Troveremo neve da qui fino all'attacco del canalone come era plausibile aspettarsi, il che trasforma una comoda seppur esposta cengia nel suo aspetto estivo in un piano inclinato ed esposto, sotto di noi un'eventuale caduta ci farebbe precipitare nell'orrida gola della Clapadorie, 1000m più in basso. C'è da andare sicuri, tranquilli ma attenti.
Quando notiamo la roccia con le marcature Bivacco Suringar-Findenegg le comode balze rocciose estive diventano una tavola di neve che impenna notevolmente superando costantemente i 50°. Troviamo un terrazzino per legarci e reidratarci, tiriamo anche fuori la seconda picca. Partiamo: i primi 50-80 metri lasciano anche me stupito, non pensavo che tirasse sù così tanto e in maniera così repentina, va detto che ci troviamo molto spostati a sinistra rispetto al canalone vero e proprio e entreremo nel canalone stesso molto più in alto rispetto a quello che ci avrebbero portato a fare la marcature in estate, teniamo comunque la linea per poi traversare decisamente a destra ed entrare nel canalone vero e proprio.
Qui la progressione diventa più semplice, la pendenza diminuisce pur non scendendo a mio avviso mai sotto i 40-45°. Io e Andrea ci alterniamo nella conduzione, Marika è tra noi due al centro. Risalendo il canalone si nota un pilastro arrotondato che divide due canali, il Findenegg e un altro molto più stretto più a destra, non sappiamo se anche quello consenta di sbucare sulla cresta, ma sappiamo che non si tratta del Findenegg, quindi continuiamo lasciano il pilastro sulla nostra destra. A questo punto se fossero stati visibili i bolli e se io avessi una memoria migliore ci saremmo tenuti a sinistra per sbucare prima in cresta e su pendii più dolci, invece rimaniamo a destra risalendo un sistema di canalini ghiacciati e molto ripidi, dove per le viti c'è troppo poco ghiaccio, mentre la roccia non mostra fessure per proteggere: riesco a mettere solo un cordino su un discreto spuntone. Tratto molto bello e di soddisfazione ma che ci ha richiesto sicuramente un impegno maggiore. Arrivo su un comodo scalino di neve fcendo sosta sulle picche e recuperando Marika e Andrea non senza la solita corda che si impiglia, lascio quindi la conduzione di nuovo ad Andrea per gli ultimi 30m che portano finalmente alla cresta, finalmente perchè abbiamo capito di avere le ore di luce contate per arrivare ai ghiaioni quindi su terreno sicuro prima che faccia buio. La cresta l'abbiamo trovata in condizioni ottimali addirittura più agevole che in estate, pochi accumuli e pochi cornicioni, da qui in pochi balzi siamo in vetta! La dovuta pausa, le scampanate, le dovute foto, ma ci possiamo concedere veramente pochi minuti, guardiamo l'ora sono già le 14.30.
Reidratati e con qualcosa nello stomaco riprendiamo la marcia. La cresta che conduce alla scala Pipan si è rilevata molto agevole e tranne in pochi singoli punti siamo riusciti a percorrerla molto velocemente, il vento da N-NE a tratti ci punge il viso, ma non crea problemi. La scala Pipan è pulita, rimaniamo legati e rinviamo con una semplice longe. Dalla base della scala quello che d'estate è un faticoso ghiaione di sgrebani tutt'altro che piacevole, ora è un unico pendio di neve che, complice la presenza di comode tracce, ci porta agevolmente in basso, dal sasso a forma di vela (per me a forma di vela, comunque impossibile da non notare) traversiamo in direzione Ovest ancora su neve finchè non rinvieniamo un grosso anello di calata che punta un canalone innevato, noi non lo usiamo (non ho neanche idea di dove termini e quanto sia eventualmente lunga la calata) e scendiamo in direzione Sud seguendo la via estiva, qui la neve scompare e i bolli sono visibili. Il sole sta scomparendo velocemente dall'orizzonte regalandoci colori e luci che vorremmo contemplare con più calma, ma l'obbligo di arrivare sui ghiaioni con la luce è tassativo.
Manca comunque poco, pochi minuti e siamo su terreno sicuro. Scendiamo alla forca quando c'è ancora luce, qui ci fermiamo, ci liberiamo dall'attrezzatura, ci armiamo di lampada frontale e nell'oscurità avanzante rientriamo pian piano verso la macchina. Rimane un ultimo obbligo dopo i complimenti reciproci, in particolare a Marika (tosta la ragazza): il polletto a Resiutta come si conviene quando si passa da queste parti! La Findenegg al Montasio d'inverno, quella che è stata la mia prima via alpinistica fatta all'epoca da solo, oggi in una veste nuova e incredibilmente affascinante. Non poteva esserci modo migliore per riprendermi ciò che voglio sentire ancora mio, nonostante quest'anno ci sia stato poco, troppo poco spazio per questo: godere della natura selvaggia e dell'andare in montagna, perdersi nella bellezza della vita, semplice e primordiale come la roccia delle Giulie, per coglierne gli aspetti che contano veramente e che mi rendono felice. Ad un fantastico 2017!

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