martedì 21 luglio 2020

Via di Dogna al Montasio

"Questo itinerario, con il quale si superano complessivamente circa 1900m di dislivello, è uno dei più lunghi delle Alpi Giulie. Le difficoltà tecniche sono scarse e discontinue, ma la grandiosità dell'ambiente, qui ancora eccezionalmente selvaggio, rende l'ascensione ben remunerativa nel suo insieme..."
Sulla mia copia della "Guida dei monti d'Italia, Alpi Giulie", la pagina della via di Dogna è ancora segnata da un foglio di carta, un foglio messo lì quasi 10 anni fa quando, fresco fresco dei primi passi nel mondo dell'alpinismo, la mia attenzione subito vi era caduta, come tante vie e tante altre cime che l'impazienza dei miei 20 anni voleva subito conquistare. Nessun mistero che di per sè questa montagna in particolare sia sempre stata per me quasi una calamita: il canalone Findenegg è stato la mia prima "impresa" in solitaria nell'autunno del 2011, giorno che ricordo ancora con grande emozione...canalone che avrei ripetuto già prima di quest'ultima volta anche in invernale. Con il passare del tempo l'interesse non è che fosse svanito, ma vi si erano sovrapposte tante altre cime e tante altre gite. In realtà non so nemmeno come con Andrea così di colpo e quasi per caso, parlandoci al telefono in una normale sera estiva, viene nominata quella via e la domanda "perchè non la facciamo finalmente?", è stata naturale ed immediata: del resto siamo a digiuno di difficoltà importanti su roccia da tempo, ma conosciamo quell'ambiente, le Alpi Giulie e siamo di default allenati cosicchè il dislivello importante non ci pare minimamente un problema e i passaggi di arrampicata con tanto II e qualcosa di III non ci fanno sospirare...forse ce lo diciamo è proprio questa la via giusta per riprendere il feeling con la "parete". Domenica mattina 6:15 partiamo da Udine anzi ufficialmente da Plaino dove mi trovo con Andrea e con destinazione i piani del Montasio per lasciare la mia macchina. Dopo una veloce colazione al rifugio Divisione Julia a Sella Nevea, scendiamo e ci addentriamo quindi in Val Dogna con l'auto di Andrea per intercettare la cappelletta dedicata al col. Zacchi e quindi l'inizio dell'avvicinamento. Non ho motivo di riportare una relazione tecnica dell'avvicinamento e della via, per quello si possono tranquillamente consultare il Buscaini o la relazione di "Quarto Grado", pertanto mi limiterò alle impressioni durante la salita. La strada della Val Dogna che termina a Sella Sompdogna qualche km dopo il punto dove lasceremo la macchina, per me è un mistero. L'ambiente è selvaggio e la natura (come spesso si osserva sulla Giulie) repulsiva: pendii ripidi, scoscesi, vegetazione e pareti rocciose incombenti, non un pascolo, frane ovunque...un paesaggio severo non addomesticabile ma allo stesso tempo autentico: pochi i segni di umanità, qualche "paesino" dai nomi impronunciabili, un viadotto abbandonato. Ci pare quasi che l'unico senso che ha quella strada sia quello di permetterci l'accesso alla nostra tanto agoniata meta.
Parcheggiamo la macchina, ci mettiamo in movimento poco dopo le 8:20, dalla già menzionata cappelletta, scendiamo la forestale (indicazioni Via Dogna) e oltrepassiamo il torrente Dogna e seguiamo la forestale ignorandone i bivi, dopo una radura e una curva a sinistra su un masso compare ben visibile (e visibilmente rinnovato da poco) l'indicazione "Via Dogna", da qui si risale un bosco di faggi con evidenti segni di passaggio e bollini rossi talora sbiaditi talora più nuovi: da dopo che il bosco si dirada la traccia rimane comunque evidente per via dei numerosi ometti e di qualche segno rosso qua e là e piano piano ci si addentra nella Clapadorie su terreno a volte franoso in un lungo traverso con diversi sali scendi, mughi, erba e roccia, talvolta esposto ed insidioso. Si deve abbandonare questa traccia su cengia in corrispondenza di un ultimo evidente canale di acqua, oltre il quale la traccia sembra continuare: il riferimento è il culmine dell'incombente parete gialla strapiombante sulla famosa "rampa", se si prende quella come riferimento diventa relativamente facile capire quando deviare decisamente a sinistra per risalire una paretina di gradoni che fa guadagnare una traccia sul margine di una grande macchia di mughi sottostante e che in diagonale sinistra conduce al bivacco Muschi (ci abbiamo messo 2h30' contro le 3-4h solitamente indicate).
Dal bivacco inizia l'arrampicata vera e propria sulla caratteristica rampa, ci siamo legati ma salvo il primo passo e un tiretto dopo l'uscita sullo spigolo della rampa abbiamo affrontato la scalata sempre a corda corta con difficoltà discontinue e innumerevoli possibilità di passaggio, tendenzialmente siamo rimasti sul settore sinistro della rampa per poi deviare verso destra in uscita della stessa. Finita la rampa si esce fuori sullo spigolo della stessa, rinveniamo 2 ometti e percorriamo una cengia erbosa sul settore sinistro, poco prima del termine della stessa effettuiamo un tiro di 50m risalendo la parete appoggiata a dx (visibili 2 spit con un cordone nero dopo un 10-15m). Usciti dal tiro mancano diverse decine di metri di dislivello su terreno impervio e ripido per ricollegarsi alla traccia della via Amalia che però è ben visibile: riconosciamo l'inconfondibile profilo della sfinge del Montasio e il Belvedere. Per arrivare al Suringar si segue la stessa (bolli rossi) evitando tracce più basse e non segnate che portano fuori via. Dal Suringar si percorre un tratto della grande cengia fino alla deviazione (a SX) per il canalone Findenegg che si risale potendo fare affidamento anche ai numerosi bolli rossi. La cima è avvolta in una nuvola che non vuole spostarsi quindi purtroppo per noi canalone/cresta e cima li affronteremo con bassa visibilità. La gambe iniziano a sentire il peso del lungo tragitto, ma arriviamo in cima e ci rendiamo conto di averci impiegato 5h30' dalla macchina: un tempo decisamente basso, il che ci rallegra perchè nonostante le occasioni sempre più rade e nonostante la modesta attività estiva su roccia, ci fa sentire ancora una cordata affiatata.
Non ci tratteniamo a lungo su, sarebbe stato bello ma il panorama lo possiamo solo immaginare, quindi seguendo la cresta lungo la via normale arriviamo alla scala Pipan che scendiamo e quindi dopo un altro pendio franoso arriviamo alle rocce ed infine ai ghiaioni. Qui si impone l'immancabile corsa dei ghiaioni, una highlight imperdibile e sempre remunerativa: correndo giù dai ghiaioni raggiungiamo anche 2 ragazzi che erano sulla Dogna oggi e che avevamo visto oltre la metà della rampa quando eravamo giunti al Muschi: conversiamo piacevolente scendendo insieme verso Malga Montasio e il parcheggio dove ci salutiamo. Il resto della serata è stato l'immancabile polletto al "buon arrivo" a Resiutta e il recupero della macchina di Andrea in Val Dogna, oltre al lungo rientro su Bolzano. Per me è la quarta o quinta volta su questa montagna, però per una via diversa e per la prima volta in estate! Un viaggio nel cuore del lato più severo e selvaggio delle Giulie Occidentali, una giornata fantastica!