domenica 26 agosto 2018

Jalovec 2.645 m - Traversata, Cresta NW/Via Normale

"Non cercate nelle montagne un'impalcatura per arrampicare, cercate la loro anima"
Le più celebri parole di Kugy mi scorrono nella mente, ripetendosi come un monito, mentre con Riccardo risalgo la Val Planica verso il Rifugio Tamar. Oggi percorreremo un anello affascinante che ci farà compiere la traversata dello Jalovec, splendida montagna appena oltre il confine sloveno nelle Alpi Giulie.
Partiamo alle 7:15 dal parcheggio e ci incamminiamo seguendo una comoda forestale e giungendo in una mezz'oretta al Rifugio Tamar, da qui parte l'unico sentiero che porta ai ghiaioni, snodandosi dapprima per un bosco e percorrendo la Val Tamar. La cima dello Jalovec svetta già maestosa dall'oscurità del fondovalle: una punta di diamante perfetta che si staglia nel cielo già candida e luccicante come vuole la migliore roccia delle Giulie quando colpita dal sole. Siamo soli, due piccoli punti nella natura selvaggia: le pareti circostanti ci avvolgono come grida di pietra così verticali e incombenti, del tutto repulsive, mentre là in fondo la luce. La severità di questo ambiente per nulla bucolico ti entra dentro nello stomaco, quando ti ha conquistato non c'è verso di dimenticarselo. Guardando a sinistra dalla cima principale si apre quella linea magica del Colouir Kugy, ancora innevato, una discesa da sogno ancorchè non estrema ma così estetica che spero di poter sciare presto anche io...L'evidente spigolo Comici poco a destra così elegante e ardito la linea più logica per la cima invece lo osservo in religioso silenzio, con quel sapore amaro di sapere di non avere i mezzi per affrontarlo e allo stesso tempo, con quella solita vena di speranza di poter realizzare un giorno il sogno. Un'evidente indicazione su un grosso masso indica il bivio per risalire al "Veliki Kot". Prendiamo la traccia di destra per evitare una tediosa salita su ghiaione, la traccia arrampica con stretti zig-zag un pendio prativo esposto e ricco di mughi che fa guadagnare in pochissimo tempo parecchia quota.
In breve sbuchiamo sul pianoro roccioso sommitale dove rinveniamo il bivacco, sfiliamo in fianco ad esso optando per una sosta direttamente sulla forcella Kotovo Sedlo a circa 2100m. Dalla forcella camminiamo sulla cresta che in breve conduce alle pareti, giunti in prossimità delle stesse ci imbraghiamo e sempre seguendo i bolli troviamo le prime attrezzature. Risaliamo quindi la cresta Nord Ovest, sempre a destra della stessa: il percorso sfrutta in maniera intelligente i punti deboli della montagna, d'apprima si aggirerà il "Piccolo Jalovec"per poi spostarsi sulla cima principale muovendosi con lunghi traversi e risalite di balze rocciose con ottima roccia, pochissime protezioni quasi sempre solo qualche piolo e corda quasi assente come vuole la migliore tradizione slovena (Aspetto che di certo non rende la salita propriamente alpinistica, ma comunque molto appagante). Si raggiunge un'ultima paretina dove confluisce anche la via normale e che punta direttamente alla cresta finale e quindi alla cima.
Il panorama è meraviglioso, il Mangart ci mostra il suo lato più nascosto e segreto: un gigantesco blocco di roccia e prato con i versanti che dalla cima precipitano letteralmente in Val Coritenza, spostando lo sguardo più a Ovest i Gruppi del Montasio e del Fuart soprattutto, più a sinistra ancora il gruppo del Canin, la Cima del Lago e il monte Rombon, in primo piano più a sinistra la dorsale che costituisce le pareti di Bretto (Loska Stena) su cui si snodano ardite vie realizzate veramente dai più forti rocciatori, poi ancora volgendo lo sguardo a Sud le Prealpi con il Matajur e il Joanaz e a seguire il Krn, a completare il giro muovendosi verso Est le più importanti cime slovene: Triglav e Škrlatica che dominano un aspro susseguirsi di creste e strette vallate. C'è un bel sole ma tutto sommato non fa caldo. Dopo una giusta pausa ci mettiamo in marcia per la discesa che seguirà la via normale (I-II grado, da relazione del Buscaini), ridiscendendo prima la cresta Sud, molto panoramica, alla fine della stessa ci si butta giù a sinistra per una paretina più delicata (terreno più infido ed instabile: sassolini, verdi..). Guadagnati i ghiaioni dobbiamo scavallare la forcella sbucando sul ghiaione seguente dove parte il canalone Kugy. Ovviamente non scendiamo il canalone perchè siamo senza ramponi, per rientrare ci si deve buttare giù a destra seguendo un'indicazione con scritto Val Trenta, per aggirare il "Golicica": si seguono i bolli che fanno abbandonare il ghiaione ad un certo punto e portano a scendere una parete di un centinaio di metri (evidentemente per evitare di far perdere troppa quota aggirando il contrafforte su cui la stessa si sviluppa). Parete attrezzata solo con pioli con due tratti di corda in basso quando in realtà ormai le difficoltà sono finite: da non prendere sottogamba in quanto l'esposizione è notevole e non si è mai ancorati alla montagna. Giunti sul ghiaione risaliamo di qualche decina di metri alla forcella sulla nostra sinistra "Jalovška škrbina" e da qui scendiamo infine sul ghiaione iniziale arrivando in corrispondenza dell'uscita del canalone Kugy, anche qui traccia e poi pioli, presenza di neve in uscita. Il ghiaione finale che ci riporta al bivio di partenza purtroppo non è come quello del Montasio e la sua discesa è alquanto faticosa, sembra non finire mai! Da qui il comodo sentiero ci accompagna verso il rifugio, ormai anche la pendenza si riduce molto. Giunti al Rifugio Tamar è d'obbligo una bella pausa birra, due Lasko da mezzo a 2,5 euro l'una fanno apprezzare il fatto di trovarsi oltre confine: ovviamente non vedevo l'ora di sfoggiare anche il mio sloveno salvo non sapere come si dice "due" e obbligandomi a sostituirlo con un più familiare "two"!
Contenti e appagati per la bella giornata ci rimettiamo in moto alla volta della macchina contenti per quella che non è un'impresa, ma senz'altro una gita che meritava di essere raccontata.
"..cercate la loro anima" diceva il vecchio Kugy. Quello di oggi è stato un viaggio di emozioni mai spente, un viaggio dove i passi si confondono con i pensieri e i ricordi per riaffiorare sulla distanza di un orizzonte, "..cercate la loro anima", perchè dopo la salita, oggi, c'è la luce più bella.
...Alla prossima sperando prima o poi di ricominciare a raccontare anche qualcosa di roccia verticale!

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