giovedì 13 marzo 2014

Sass de Putia, Canalone Nord

Quando appena l'anno scorso scendevo per la prima volta con Andrea un canalone dolomitico, la Val de Mezdì, mai avrei immaginato a distanza di un anno di affrontare questo itinerario e di scenderlo con soddisfazione alla faccia della pendenza. Siamo al Passo delle Erbe, un angolo incantevole nel Gruppo del Puez, incantevole per il panorama eccezionale: il Sass de Putia che si staglia isolato, tutt'intorno prati e spazi aperti. Un contrasto incredibile: come un castello, una fortezza, con una linea che divide la montagna a Nord, un canalone che il mitico Heini Holzer ha trasformato in un itinerario di ripido sicuramente unico in Dolomiti.
Si tratta di una discesa di 750 metri, di cui un 500 nel canalone vero e proprio, con pendenze importanti: 45° e un settore dato a 50°, in una gola in certi punti larga poco più della lunghezza stessa degli sci, e con 2 salti rocciosi, uno che richiede una calata in doppia, l'altro si può aggirare a sinistra, pensando però bene a non cadere nel tratto precedente. Arriviamo da un giorno molto fortunato sul Sella, ma questa gita è diversa: è un itinerario non solo di free-ride ma anche alpinistico, dobbiamo arrivare con i nostri mezzi in cima al canalone, e siamo soli perchè è una gita molto selettiva. Innanzitutto servono condizioni che raramente si trovano: tempo stabile, freddo di notte, stagione avanzata in modo da essere certi che il canalone abbia già scaricato e il freddo eviti che qualcosa possa venir giù dai lati. In secondo luogo è una gita dove è importante saper sciare con una buona tecnica e allo stesso tempo saper arrampicare, creare ancoraggi e calarsi.
Decidiamo di risalire il canalone stesso per poi scenderlo, come consigliato dalla relazione, in modo da memorizzare i passaggi difficili e individuare in caso presenza di pericoli a priori, ad esempio tratti di discesa ghiacciati. Non esattamente una passeggiata: per risalire il canalone dalla macchina (quindi con l'avvicinamento) impiegheremo 4 ore in tutto. Giunti un centinaio di metri sotto l'imbocco ci togliamo gli sci e proseguiamo a piedi, la neve è relativamente compatta e permette una progressione accettabile, a tratti si sprofonda, ma spesso si riesce ad individuare la linea di neve buona da seguire per fare meno fatica. Giunti al primo salto e sia io che Andrea non arriviamo all'idea di passare quest'ultimo sulla destra su un piccolo pendio molto pendente ma breve. Andiamo invece dritto per dritto seguendo due linee diverse, io sto sulla sinistra e salgo su un misto di neve e roccia esposto ma agevole, Andrea sceglie di incunearsi tra due rocce seguendo una linea meno esposta ma non più semplice in quanto farà fatica a riemergere in superficie e a uscire. La progressione continua su terreno più facile e più aperto, siamo molto fiduciosi e in lontananza vediamo il prossimo ostacolo che ci pare ingannevolmente innocuo: è il salto che in discesa si supererà con la calata. Sono 3 forse 4 metri in tutto, una parete formata da qualche grossa roccia che genera però uno strapiombo, di solito qui è presente anche ghiaccio. Arriviamo alla base e capiamo subito che non sarà affatto semplice come pensato. Ai piedi delle rocce c'è un vero e proprio buco, di ghiaccio ce ne è pochissimo, risultato: niente dove appoggiare i piedi per arrampicarsi sulle rocce e andare a pescare il ghiaccio sovrastante per tirarsi sù. Decidiamo di legarci e Andrea parte per superare l'ostacolo: 10-15 minuti di tentativi e nulla di fatto. Ci provo io, provo a cercare qualcosa per i piedi ma niente, lì a sinistra dove sembra più facile, dopo un paio di insuccessi mi giro a destra e provo a cercare una linea qualsiasi, non provo però nemmeno ad arrampicare perchè non trovo nulla che reputi abbastanza sicuro. Andrea mi dice: beh se non va possiamo provare con la piramide umana, intanto togliti lo zaino che almeno sei più leggero. A volte in montagna come in molte altre situazioni della vita l'arte d arrangiarsi torna utilissima: come metto lo zaino ai miei piedi, infilzando gli sci nella neve alla base delle rocce Andrea non esita e mi dice: "Usa lo zaino, salici sopra!" Un fulmine a ciel sereno: è vero, cavolo che idea geniale! Lo zaino mi regala l'appoggio mancante a lungo cercato ma fino a quel momento invano! Salgo e finalmente ho alla portata di picca la sottile ma stabile patina di ghiaccio che ricopre la roccia sovrastante, poche bacchettate con le picche e ho un paio di bei fori che tengono, posso portare sù l'altro piede e quindi di nuovo il sinistro su una bella tacca dove sta comodo mezzo scarpone: ora sono dentro, non si torna indietro, ancora 3-4 movimenti delicati e sono sopra, quindi filo via dal bordo delle rocce e riguadagno una bella neve compatta, qualche passo e sono arrivato alla sosta (1 chiodo e 1 spit). Sono così felice che in quegli ultimi passi ho fin urlato, si può andare avanti, anche Andrea è felicissimo. Lo assicuro dall'alto aiutandolo nella risalita (per forza di cose dovendo lui salire con lo zaino e con il mio zaino legato a seguire).
Ora sappiamo per certo che scieremo il canalone, bisogna ancora arrivare in cima e il percorso sarà lungo, faticoso ma senza più ostacoli. Alle 14.00 un bellissimo sole ci abbraccia sul lato Sud, lungo la normale ci sono tante scie di altri sciatori, ma in quel momento siamo noi 2 soli e la montagna...Ci godiamo un sorso di tè caldo e mettiamo qualcosa sotto i denti. Non possiamo aspettare in eterno c'è da ritornare a valle.
La sciata è grandiosa, impegnativa, ma bella di soddisfazione, la neve è a tratti polverosa, in altri tratti troviamo qualche accumulo e infine un pò di crosta qua e là, ma anche qui come sull'Holzer del Sella si scende bene. I 30 metri prima della calata non li sciamo ma scalettiamo aiutandoci con la picozza, meglio non rischiare inutilmente di fare errori. Ci caliamo, io scendo da secondo e ho l'ingrato compito di far su di nuovo la corsa mentre Andrea si precipita a vedere più in basso dove c'è il primo salto di roccia. Avendolo arrampicato ci aspettiamo di dover allestire una seconda doppia arrangiandoci con il nostro corpo morto, ma invece quel tratto aggirando a sinistra è sciabilissimo e con neve ottima. Siamo quasi fuori dai giochi, ancora poche curve con la pendenza che molla e il canalone che va ad aprirsi, questo ultimo tratto fin giù sulla strada è speciale: il sole ci abbraccia di nuovo, ci accarezza. Possiamo scendere spensierati, pennelliamo le ultime curve, ci giriamo, scattiamo ancora le ultime foto, il nostro sguardo è tutto per la montagna, per quella linea magica che ci ha fatto sognare.
Arriviamo all'albergo che sta sul passo, ora vogliamo solo asciugarci un pò, bere una meritata Radler e goderci la nostra montagna con la luce del pomeriggio. Giunti alla terrazza, iniziano ad avvicinarsi tutte le persone che quel giorno passeggiando nella zona, buttando l'occhio sul canalone hanno visto due sagome prima arrampicarsi, poi a lungo indugiare presso il salto di roccia e infine scendere quella linea bianca in mezzo a quelle pareti. Una signora, la Signora Renata ci ha anche fatto delle foto, ci racconta che viene lì da più di 40 anni e che non aveva mai visto nessuno scendere quel canalone, altre persone si avvicinano e ci fanno domande...forse solo in quel momento abbiamo realizzato veramente quello che eravamo riusciti a fare.
Siamo contentissimi, è stata una giornata da incorniciare, ma il nostro viaggio prosegue, ci infiliamo le scarpe e risaliamo in macchina: si parte per la Val Aurina, siamo solo a metà del nostro programma di 4 giorni...alla fine ce ne saranno ancora di cose belle da raccontare.

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